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Pellegrini: "L'addio dopo Tokyo"

L’azzurra in esclusiva a SportMediaset.it: "Dall’Olimpiade non mi aspetto una medaglia. La carriera che volevo fare si è conclusa a Budapest"

21 Dic 2017 - 11:59

SportMediaset.it ha intervistato in esclusiva Federica Pellegrini a margine della convention Artsana: “Dopo Tokyo avrò 32 anni, non mi aspetto di andare a vincere una medaglia. Farò la mia 5a Olimpiade poi organizzerò una grande festa per salutare il nuoto”. L'azzurra ha parlato della sua carriera (“Con l'oro di Budapest ho raggiunto tutti i miei obiettivi”) e di sé (“So il valore della famiglia e lo spirito della maternità arriverà presto").

Essere Federica Pellegrini non è da tutti e non è per tutti: probabilmente anche per Federica stessa, non è sempre stato agevole vestire i panni della Pellegrini, nel bene e nel male. Come atleta e come donna, tra rovinose e dolorose cadute e risalite che hanno condotto direttamente all’Olimpo degli dei. Solo lei poteva ricoprirlo quel ruolo: dall’argento olimpico di una sedicenne che incantò Atene 2004 all’oro mondiale di una forza della natura a Budapest 2017. Nel mezzo, tutta la sua vita. Che ora osserva con la serenità di chi conosce bene il valore delle tante imprese e il rumore di quei pochi ma chiacchieratissimi fallimenti. E che commenta con fierezza e consapevolezza, quella di “una donna forte e caparbia, un’atleta straordinaria che rispecchia valori unici” come ha detto Claudio De Conto, amministratore delegato Artsana che l’ha voluta come madrina del suo evento.

In un hotel del centro di Como, Federica arriva in anticipo sull’appuntamento e direttamente da Copenhagen, dove gli ultimi Europei in vasca corta hanno emesso le loro sentenze e lasciato le loro indicazioni:

“Bisognerà lavorare di più ma quest’anno ci permetterà di essere più tranquilli. Era previsto che qualche gara non sarebbe andata come ci si poteva aspettare anche perché io devo rifiatare a livello fisico e mentale. E questo è l’anno giusto per farlo”.

I 200 stile sono stati abbandonati definitivamente?
“Quella decisione non cambia per ora anche se poi nella vita mai dire mai. Se domani mi sveglio con la voglia di rifare i 200 li faccio senza problemi. Ma sono cosciente anche io che se proprio mi prendesse la voglia, potrebbe essere nei prossimi anni e non in questo, che è quello buono per riposare fisico e testa. Nel 2018 ci sono gli Europei a Glasgow e io ho soprattutto obiettivi cronometrici: vorrei avvicinare il mio record personale nei 100 stile”.

Filippo Magnini si è ritirato da poco: cosa mancherà di lui al nuoto e cosa ha lasciato a te dopo tanti anni di vasche condivise?
“Mancherà sicuramente un trascinatore come lui soprattutto nella sua specialità di velocista. Avere uno come lui nella staffetta è sempre diverso, trasmette una certa sicurezza. Noi abbiamo iniziato insieme nel 2003 e io ormai sono grande. Siamo due professionisti, lui lo continuerà ad essere anche nella vita perché l’impostazione è quella. Siamo cresciuti insieme e abbiamo imparato tanto uno dall’altra”.

A proposito di ritiri, hai mai pensato a quando arriverà il tuo momento? Sarà una decisione istintiva o razionale?
“Difficile dirlo, fino ad oggi non ho smesso perché non me lo sentivo dentro. Sarà in parte una decisione istintiva perché certe cose le percepisci dentro, senti il desiderio di fare altro nella vita anche come donna. Ma nello stesso tempo sarà anche una decisione razionale: dopo Tokyo avrò 32 anni e di sicuro non mi aspetto di andare lì a vincere una medaglia. Anche perché non so come andrò lì e se farò la staffetta, i 100 o i 200. Gli anni passano e per quanto mi riguarda la carriera che volevo fare si è conclusa la scorsa estate a Budapest quindi da adesso in poi è un navigare a vista cercando di divertirmi. Qualunque cosa succederà a Tokyo penso che dopo organizzerò una grande festa per il mio addio. Per un uomo è diverso ma essendo donna credo che tra due anni lo spirito di maternità di farà sentire. E io il valore della famiglia lo conosco bene e lo sento forte”.

Come potrebbe essere la vita di Federica dopo il nuoto?
“Non lo so, penso che quando smetterò mi si apriranno molte porte, almeno spero. Se così non fosse farò solo la mamma che non è comunque poco. Ma ancora non ci penso. La cosa più difficile sarà non sentire più l’adrenalina della gara e quella mi mancherà di certo”.

Tokyo 2020 sarà il tuo più grande sforzo mentale per dimenticare Rio e visto che sarà la tua ultima grande occasione?
“Io ho già chiuso come volevo, l’obiettivo importante che volevo a tutti costi è arrivato a Budapest quindi da quel punto di vista non chiedo più nulla e non ho l‘ansia da prestazione. Tokyo resta un obiettivo perché nella mia testa il ciclo di un’atleta si chiude con l’Olimpiade quindi mi piacerebbe chiudere così. Poi non so nemmeno come ci arriverò ma mi godrò il fatto che sarà la mia quinta Olimpiade e già essere lì sarà tanta roba”.

I tuoi nemici e certe critiche sono state la tua forza o ti hanno ostacolata?
“Entrambe le cose, io caratterialmente reagisco sempre subito soprattutto se ho una grande passione come ce l’ho per il nuoto. Non mi lascio vincere facilmente ma vado dritta per la mia strada. Essere catapultata in un certo mondo e avere una certa mediaticità dai 16 anni non è stato facile. Ogni tanto certe cose mi fanno male ancora adesso. Invece di mitigare come fanno in altri Paesi qui si punta il dito e si amplifica tutto ma fa parte del gioco e ormai è un gioco che conosco bene. Certo fa più male se certe critiche invece che essere fuori sono all’interno ma purtroppo in Italia succede. Con gli anni sono cresciuta, ho imparato a gestire meglio la pressione e a essere meno impulsiva anche se non del tutto”.

A proposito: tra le tante cose che vengono dette e scritte su di te, quali sono quelle che più ti fanno arrabbiare e quelle che più ti fanno piacere?
“Questa è tosta!” (Sorride poi fa una lunga pausa). “Mi fanno arrabbiare le critiche non costruttive, a volte si parla tanto e solo per sparare addosso. La cosa che più mi fa piacere è l’affetto della gente e aver visto quanto sia cresciuto il nuoto in questi anni”.

La cosa di cui sei più fiera della tua carriera e un piccolo rimpianto, se c’è. 
“C’è una cosa che cambierei della mia carriera: non andarmene da Philippe Lucas l’anno di Londra 2012. Avrei dovuto continuare ad allenarmi con lui. Ciò di cui sono più fiera è di non aver smesso dopo la delusione di Rio”.

Prima di salutarci chiedo una curiosità a Federica, quanto incide un allenatore su un nuotatore. E dalla lunga risposta emerge il suo carattere deciso ma anche istintivo, consapevole e al tempo stesso umile. Emerge la sua essenza, quella di una ragazza determinata ma che al contempo ha bisogno del giusto appoggio, del giusto sostegno. Emerge quanto sia difficile (nel senso di tosto e che richiede qualità rare) non solo essere Federica Pellegrini ma persino starle accanto. Semplicemente perché non è da tutti:

“Secondo alcuni quando ero la più forte andavo col pilota automatico ma non è così. Non sono andata forte con chiunque. Ho cambiato tanti allenatori ma avrei voluto cambiarne meno. E’ fondamentale chi mi sta di fianco, chi mi accompagna alla camera di chiamata fino a 10 minuti prima della gara, quello che mi dice e mi trasmette ogni giorno. Ed è anche importante che sappia reggere un certo tipo di pressione. Tanti cambi sono stati fatti proprio perché alcuni non erano abituati a sopportare quello che mi stava intorno. Qualcuno si è montato la testa, qualcuno non ha saputo reggere anche se poi da str...a passavo sempre io. Alberto Castagnetti è stato quello che mi ha insegnato il mestiere di atleta ad alto livello, a soffrire e a rimanere concentrata sulle tue sensazioni in acqua. Philippe Lucas lo cito perché confermarsi al vertice non è mai facile e con lui sono riuscita a farlo. Infine c’è Matteo Giunta con cui ho fatto il lavoro di questi anni fino all’oro di Budapest. E sarà quello che mi porterà fino in fondo, fino alle fine della mia carriera”.

Essere Federica Pellegrini. Non è da tutti. Da Atene 2004 a Tokyo 2020: sarà stato un percorso unico, che solo Fede, l’unica in grado di vestire quei panni, poteva essere in grado di compiere.

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