Tecnico, rapido, intelligente, ha dato armonia al Barcellona e alla Spagna migliori di sempre. E ora noi...
La prima cosa, per la verità, è che di Andrés Iniesta non si riesce a parlare al passato. Voglio dire: mica basta davvero dichiararsi ex calciatore per diventarlo. E non sempre è sufficiente dire addio per aspettarsi che gli altri siano in grado di elaborare il lutto. Fossimo seri dovremmo scendere per strada e appendere cartelli con scritto "il calcio piange Andrés Iniesta". Oppure solo "il calcio piange". Così, anonimamente, per dire di una perdita che è tanto grande da non poter essere nemmeno nominata.
Iniesta è stato, è, un giocatore meraviglioso. Unico, di quelli che passano una volta ogni 30 anni. Figlio prediletto di una generazione fortunata, fratello di altri due fuoriclasse inarrivabili come Xavi e Pirlo, gente che i quarantenni di oggi, che pure hanno visto Falcao e Matthaeus e Rijkaard e Zidane, non smetteranno mai di ricordare e rimpiangere. Che abbia giocato nel Barcellona migliore di sempre (e nella Spagna migliore di sempre) non è un caso solo perché lui stesso è stato anima e mente di quella squadra.
Per capire quanto possa essere, diventare, ininfluente un certo Messi senza il genio di un Iniesta basta guardare i risultati ottenuti dall'Argentina del primo e dalla Spagna del secondo. E d'altronde, Messi è puro istinto, Iniesta è logica all'ennesima potenza.
Intelligente, tecnico, rapido, in grado di giocare in ogni zona del campo, di difendere e attaccare gli spazi, di finalizzare e concludere, di impostare e interdire. E' il Di Stefano dei giorni nostri, un calciatore totale, il calciatore totale. Se il suo fosse uno sport individuale sarebbe Usain Bolt o Valentino Rossi o Michael Schumacher. Invece si è immerso dentro il mare di un gioco di squadra e ha contribuito a dare armonia alle tempeste. Con umiltà, altra dote affatto banale.
Don Andrés, come tutti lo chiamano con una certa riverenza, ancora oggi sarebbe titolare in quasi tutte le squadre del Mondo. Ma ha detto basta. Non l'ha tirata in lungo, non ha aspettato il declino, non si è fatto mandare via come molti campioni, prima di lui, hanno fatto in passato. Anche nella fine, la sua misura, il suo tempo di inserimento è stato esemplare. E non importa se domani andrà a giocare in Cina (probabile) o negli Stati Uniti. Perché Iniesta, comunque sia, è e sarà un campione globale, planetario.
Quindi buona fortuna, don Andrés, comunque vada. E se anche non scenderanno per le strade con cartelli a lutto, sotto gli occhiali neri, c'è da scommetterci, certe lacrime si vedranno comunque.
What. A. Player. #Infinit8Iniesta pic.twitter.com/jWeNYPz7od
— FC Barcelona (@FCBarcelona) 27 aprile 2018