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IL 'MIRACOLO' DEL 2001

Il cielo sopra Berlino: il gravissimo incidente di Zanardi in Formula Indy nel 2001

Diciannove anni fa l'incidente al Lausitzring: il ricordo delle ore cruciali in pista e all'ospedale di Berlino

24 Giu 2020 - 10:50

Doveva essere una grande festa, il tour europeo del campionato CART in Germania ed in Inghilterra nel mese di settembre del 2001. Al Lausitzring però l'incidente che costò ad Alex Zanardi l'amputazione degli arti inferiori al di sotto delle ginocchia, chiuse in modo drammatico un fine settimana sul quale gli atti terroristici dell'11 settembre negli USA (appena quattro giorni prima) avevano già in partenza steso una pesantissima cappa di tristezza e di inquietudine. Il clima era surreale.

Ci guardavamo intorno ancora un po' spaesati. Si capisce, già riuscire a raggiungere Dresda in aereo, tre giorni dopo gli attentati dell'11 settembre, era stata un piccola impresa. Ma ora eravamo lì, tutti riuniti nelle poche centinaia di metri quadrati tra il paddock e i box dell'Eurospeedway: una piccola comunità quasi tutta a stelle e strisce (da cui una diffusa inquietudine, visto il momento storico), anche se con influenze e accenti dal Sudamerica, dall'Europa e dal Giappone. Italia 1 trasmetteva le gare del Campionato CART e, dopo una puntata "on site" a Portland nel mese di giugno, la "doubleheader" sullo speedway ovale nella ex Germania Est e poi su quello di Rockingham (vicino a Corby nel Northamptonshire, UK) rappresentava un'occasione imperdibile per tornare nella mischia.

Sul circuito che (in una delle sue configurazioni test) era stato teatro il 25 aprile di quello stesso 2001 dell'incidente mortale di Michele Alboreto con l'Audi nel corso di un test in vista della 24 Ore di Le Mans. Alex Zanardi e Massimiliano Papis erano i due piloti italiani impegnati a tempo pieno nella serie. Papis, che ci offriva un preziosissimo sostegno, al volante della Lola-Ford del Team Rahal aveva vinto proprio a Portland ad inizio estate: mi piace pensare che in quell'occasione gli avessimo portato fortuna. Il pilota comasco si sarebbe ripetuto un mese dopo, alla metà di ottobre, sui saliscendi di Laguna Seca. Dopo aver vinto due straordinari titoli "back-to-back" con la Reynard-Honda del Target Chip Ganassi Racing nel 1997 e nel 1998, Alex era rientrato con scarsissima fortuna in F.1 con la Williams-Supertec (1999) e nel 2001 aveva quindi deciso di riannodare i fili della sua carriera negli USA, firmando un contratto con il Mo Nunn Racing.

Le prime quattordici gare sulla Reynard-Honda numero 66 non si erano rivelate all'altezza dei fasti della prima campagna americana. Mi torna in mente una breve conversazione in corsia box, prima delle prove. Al di là del contenuto, ricordo il pass permanente che lui portava al collo: al posto della consueta foto-tessera, una bella immagine (completamente "fuori ordinanza") di Alex con in braccio il figlio Niccolò, che all'epoca era un bimbo di tre anni.

La German 500 del sabato (ribattezzata... per l'occasione American Memorial 500) andava in scena nelle stesse ore in cui a Monza le Ferrari di Schumacher e Barrichello scendevano in pista con il musetto nero nelle prove ufficiali del GP d'Italia. E, come appunto buona parte delle precedenti quattordici prove, non stava regalando a Zanardi soddisfazioni degne di nota, nemmeno con l'azzardo di una strategia di gara particolarmente "daring", che non aveva pagato. Poi l'incidente, la Reynard MN Racing che letteralmente esplode, spezzata in due da quella Forsythe di Alexandre Tagliani, gli sguardi - da occhi sbarrati - in cabina di commento con il mio compagno di telecronaca Emanuele Naspetti (sei GP in Formula Uno tra il 1992 ed il 1993 con March e Jordan). Da lassù, in cima alla tribuna principale, seguiamo e commentiamo ogni fase dei soccorsi e poi, quando riprende, il resto della 500 Miglia. Con una stretta al cuore, la fatica di andare avanti e, negli occhi, l'immagine del cappellano cattolico della CART che, appena prima che venga imbarcato nella pancia dell'elicottero, impartisce ad Alex l'estrema unzione.

Chiusa la diretta, ci precipitiamo fuori e, insieme al mio cameraman, ci lanciamo a tutta velocità in autostrada verso Berlino. Guida lui (che è pure rallysta), perché io sto prendendo accordi con la redazione per servizi e collegamenti della sera, della notte e dei giorni seguenti: che non riguarderanno più la gara, ovviamente, ma l'incidente e le condizioni di Alex. Rimarremo all'UKB (Unfallkrankenhaus Berlin) fino a tutta la giornata di martedì 18 settembre, in pratica bivaccando nel bar dell'ospedale, con brevissime puntate in hotel e qualche improbabile pizza nel quartiere periferico di Marzahn, ancora intriso di atmosfere pre-riunificazione delle due Germanie.

Ricordo la costernazione (e al tempo stesso la serenità, da professionista) di Alex Tagliani, canadese di Montreal e origini bresciane (Rovato), intervistato nella hall il giorno dopo l'incidente. Le visite degli altri colleghi di Zanardi, ad iniziare dal suo compagno di squadra Tony Kanaan. E poi ancora la convocazione nello studio del chirurgo responsabile del lunghissimo intervento al quale Zanardi era stato sottoposto a partire dai minuti immediatamente successivi all'atterraggio dell'elisoccorso sulla piazzola posta sul tetto della struttura. Ci aveva delineato con precisione il quadro clinico ed autorizzato a rimanere per il tempo necessario a fare il nostro lavoro. Con discrezione e rispetto per i degenti e per i familiari in visita, per la sofferenza degli uni e degli altri. Senza disturbare e tantomeno intralciare il lavoro di medici, infermieri, inservienti.

Allestivamo il nostro piccolo set per i collegamenti nella hall, a tarda sera, quando tutto era tranquillo, immerso nel silenzio e nella penombra. Ed era strano, abituati in autodromo ad urlare dentro il microfono perché tutto intorno era rumore, festa, frenesia... trovarsi invece a riportare l'ultimo bollettino quasi sottovoce, a notte fonda, collegati con Sandro Piccinini ed i suoi ospiti nello studio di "Controcampo". Il dovere era precisione, accuratezza. Ma lo era in egual misura - dovere - il rispetto per tutti. A partire da Alex che, tre mesi dopo lo schianto del Lausitzring, si sarebbe rialzato i piedi, a Bologna, nel corso della festa dei Caschi d'Oro di Autosprint. E che, un anno e otto mesi dopo l'incidente stesso, sarebbe tornato all'Eurospeedway (oggi ormai chiuso alle competizioni e trasformato in centro di ricerca) per completare - simbolicamente ma... realmente, al volante di una Reynard opportunamente modificata - gli ultimi tredici giri dell'American Memorial 500... del 2001.

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