La "donna più profonda del mondo" ha parlato in occasione del Wada Play True Day facendo il punto sugli obiettivi da raggiungere nelle prossime settimane
di Marco Cangelli© kurt wang
“Com’è profondo il mare” cantava qualche decennio fa Lucio Dalla lanciando un segnale sulla necessità di proteggere le ampie distese d’acqua che ci circondano. Tanto profondo quanto spettacolare come ci ricorda Alessia Zecchini, pluricampionessa del mondo di apnea. Prima atleta a scendere sotto quota 100 metri in freeimmersion (con il solo utilizzo delle braccia), la 31enne romana è diventata la "donna più profonda al mondo" fissando lo scorso anno il record del mondo a 123 metri in assetto costante (monopinna) nelle acque delle Filippine. Primati che, in occasione del Wada Play True Day di cui è ambassador, Alessia vorrebbe migliorare.
Com’è nata la passione per l’apnea?
È nata un po’ per caso. Come accade per molte famiglie, i miei genitori mi hanno portato in piscina e sinceramente non mi è mai piaciuto rimanere in superficie. Quando a undici anni l’istruttore mi ha detto di affrontare una vasca sott’acqua, mi sono innamorata dell’ambiente sottomarino. Comunque, sin da bambina sono sempre rimasta incuriosita di quanto ci fosse sotto il pelo dell’acqua e per questo motivo, quando andavo al mare durante le vacanze, cercavo di scendere in apnea. A quel punto a tredici anni i miei genitori mi hanno iscritto a un corso di apnea e da lì non ho mai smesso. Credo che tutti i bambini abbiano questo desiderio, soltanto che faticano a decodificarlo.
Come si è sentita la prima volta che si è immersa in apnea fuori da una piscina?
La prima volta che mi sono immersa accanto a un animale marino è avvenuto in Grecia, all’età di sette/otto anni. Mi sono trovata a fianco di una tartaruga marina e quella è stata un’esperienza fantastica perché da lì ho compreso quanto volessi conoscere quanto nasconde il mare. Con l’apnea sono riuscita a sopire questo desiderio scendendo pian piano sempre più in profondità e da lì ho proseguito nella mia carriera.
Quando ha capito che l’apnea sarebbe potuta diventare una professione?
In terza media ho scritto un tema in cui dicevo che sarei voluto diventare un’apneista. All’epoca sembrava impossibile, tuttavia inconsciamente ci credevo veramente. Per questo motivo ho cercato in ogni modo di trasformarla in una professione. Prima ho affrontato il liceo scientifico per poi laurearmi in scienze motorie e infine partecipare a un corso di management olimpico per capire come potesse diventare tutto ciò realtà. Da lì tutto è cambiato: a vent’anni ho partecipato al mio primo Mondiale vincendo tre medaglie. Con loro sono arrivati gli sponsor e pian piano sono arrivata sin qui.
Come ci si sente quando si scende oltre i 100 metri di profondità?
A 100 metri è tutto blu. In base alla visibilità del mare cambia la gradazione, però è un’immensità incredibile. È qualcosa che mi ha sempre affascinato, ma non mi ha mai fatto paura. Il mare è meraviglioso e consiglio a tutti di ammirarlo mentre si prova a proteggerlo in ogni modo.
Non ha il timore di incorrere in qualche rischio quando si immerge?
L’unico rischio è legato a qualche “black-out” mentale, ma è come una caduta in MotoGp, va messa in conto. Sinceramente non si può aver paura di qualcosa che si ama così tanto, l’unica è aver timore di commettere qualche errore dopo lunghi mesi di preparazione in cui si cerca di valutare ogni dettaglio.
Avete dei supporti per realizzare le immersioni?
Generalmente no, semplicemente scendiamo con le nostre forze. Negli ultimi anni abbiamo un drone che ci segue nelle gare principali e mostra quindi l’atleta in diretta. Nel resto degli appuntamenti c’è un sonar che svolge il ruolo di ecoscandaglio e consente di capire a che profondità si trova l’atleta. Nella risalita siamo poi sostenuti da alcuni apneisti, ma soltanto negli ultimi trentacinque metri.
Come vi allenate per affrontare queste prove?
Si fa molta palestra per allenare la forza e la resistenza, si svolgono sessioni in piscina per migliorare la tecnica che la respirazione. Per approfondire quest’ultimo aspetto non rimaniamo fermi, ma affrontiamo una serie di vasche per aumentare la capacità ipercapnica e iperpossica. Oltre a ciò, svolgiamo esercizi di respirazione e di rilassamento per aumentare il quantitativo di ossigeno incamerabile.
Una volta che si esce dall’acqua, come ci si sente a tornare all’aria aperta?
La gioia di aver concluso un’esperienza incredibile e unica. In molti mi chiedono perché sorrido quando esco dall’acqua e rispondo che ho appena affrontato un viaggio straordinario che ti lascia emozioni senza precedenti. Il primo respiro è bello, ma ancor più bello è quello che si è vissuto in quei quattro minuti.
Lei è anche ambassador di WADA, l’Agenzia Mondiale Antidoping. Quali sono i segreti per raggiungere questi segreti senza dover ricorrere a sotterfugi illegali?
Il segreto è quello per raggiungere qualsiasi risultato: impegnarsi sempre al massimo per far sì che il traguardo sia abbastanza semplice da ottenere, allenandosi costantemente, anche nei giorni in cui si ha meno voglia.
Ricoprendo questo ruolo, in qualità di atleta ha un contatto diretto con la WADA? Offre dei consigli per migliorare la vostra disciplina?
Ci stiamo impegnando insieme a Wada per inserire nella lista delle sostanze proibite alcuni medicinali che oggi sono consentiti in tutti gli sport e che nella maggior parte dei quali non portano alcun beneficio - come gli antidepressivi - ma che nel nostro invece lo hanno: è fondamentale infatti impedire l'uso di qualsiasi sostanza che possa aiutare a superare gap mentali, che dovrebbero essere affrontati solo attraverso l'allenamento, senza nessuna scorciatoia.
Dal punto di vista sportivo, ha altri traguardi che le piacerebbe tagliare?
Assolutamente sì. Attualmente sono nelle Filippine e domani avrò una gara dove proverò a migliorare il record del mondo di free immersion, disciplina che costringe a scendere solo con le braccia e senza pinne. Cercherò infatti di raggiungere quota 104 metri.
Il limite di 123 metri ottenuto in assetto costante (monopinna) si può battere?
Nel mio sport come in qualunque non credo ci sia alcun limite. Ci vuole chiaramente tempo, però credo che si possa sempre limare quel dettaglio che ti permette di migliorare la tua prestazione.