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CASO PROVETTE

Alex Schwazer, l'udienza fiume si chiude con un rinvio: "Non molliamo"

Nel 2016 l'ex marciatore altoatesino fu squalificato 8 anni per recidiva al doping: "Ho fiducia nella giustizia"

12 Set 2019 - 23:21

Le provette che nel 2016, in piena Olimpiade brasiliana, portarono alla squalifica di 8 anni per recidiva al doping che di fatto decretò la fine della carriera di Alex Schwazer furono manomesse? Al Tribunale di Bolzano si è tenuta un'udienza fiume con un lungo botta e risposta tra il comandante del Ris di Parma, col. Giampietro Lago, che nella sua perizia ha evidenziato forti anomalie nelle urine che hanno portato alla squalifica del marciatore dai giochi di Rio 2016, e il perito della Wada, Emiliano Giardina. "Siamo ad un buon punto, però sicuramente non ci basta", ha detto Schwazer a margine dell'incidente probatorio davanti al gip Walter Pelino chiusosi con un rinvio (Pelino dovrà decidere sulle richieste delle parti).  

"A livello scientifico noi vogliamo avere la certezza totale. Ci arriveremo. Non ho problemi ad aspettare e ho fiducia nella giustizia", ha aggiunto l'ex marciatore, che negli ultimi giorni sembra aver rialzato la testa grazie alle conclusioni del comandante dei Ris. Le "anomalie", evidenziate da Lago e a sua volta contestate da Giardina, per il momento restano senza spiegazione. Perché il Dna nelle urine di Schwazer evidenzia valori così elevati, ma anche differenti?

Wada sostiene la regolarità delle analisi. Durante l'udienza il legale dell'associazione mondiale antidoping ha presentato un referto che risale al 2016, mai mostrato in precedenza, che dimostrerebbe l'inclinazione a valori alti dell'altoatesino. La difesa del marciatore azzurro ha duramente contestato il documento, poiché presentato in una fase avanzata del procedimento. "Alex e Donati meritano verità e giustizia", ha commentato il legale di Schwazer, Gerhard Brandstaetter. "Sono state perpetrate ai danni di questi signori delle ingiustizie che hanno rilevanza penale a loro volta".

L'allenatore Sandro Donati anche in questa udienza è rimasto a fianco di Alex:  "Questa vicenda sarà un punto di riferimento dal quale inizierà una nuova discussione ed il sistema antidoping dovrà cambiare profondamente. Si tratta di un sistema medievale che non garantisce gli atleti. Se si arriva alla fine io chiederò il risarcimento. Io dirò tutto, se qualcuno non mi mette una pistola in bocca prima, spiegherò tutto".

LA VICENDA

 "Sono innocente, è una porcata, è un complotto". Schwazer da quell'11 agosto 2016 ha sempre urlato al mondo la propria innocenza e la sua difesa non ha dubbi: Alex è stato vittima di un complotto organizzato per punirlo dopo le pesanti accuse che lui e Sandro Donati (l'allenatore che ha fatto dell'antidoping una filosofia di vita e con cui il marciatore aveva deciso di ricominciare dopo la prima condanna per doping) avevano lanciato contro il mondo dell’atletica e dell’antidoping. 

Di diverso avviso invece la federazione italiana (Fidal), quella internazionale (Iaaf) e l’organizzazione mondiale per la lotta al doping (Wada), che a Bolzano, nel processo in cui Schwazer è accusato di 'frode sportiva', compaiono come parti lese. 

L’avvocato di Schwazer, Gerhard Brandstaetter, denuncia una lunga serie di errori e sospetti nella catena di eventi che ha portato i flaconi di urine (non anonimi) dalla casa di Alex a Racines fino a Colonia (sede del laboratorio antidoping) attraverso Stoccarda, dove restarono fermi per 22 ore.  “L’indagine ha evidenziato lacune nella custodia dei campioni” ha dichiarato il giudice Pelino, che chiese di averne un campione.

Nel febbraio del 2018 le urine di Schwazer arrivarono finalmente in Italia e furono affidate, per una perizia sul Dna, ai Ris di Parma, che rivelarono dei risultati anomali. Per la difesa di Schwazer è un fatto che da solo basta a confermare un imbroglio, ma il giudice e il comandante dei Ris hanno chiesto ulteriori approfondimenti scientifici (durati oltre un anno). 

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