Primo concatenamento e traversata integrale del massiccio del Gran Sasso in solitaria invernale per l'alpinista-esploratore valdostano
di Stefano Gatti© Roberto Parisse
Un'avventura solitaria da sessantasette chilometri e 7200 metri di dislivello complessivo tra parete e creste del Gran Sasso d'Italia, il massiccio nel quale la catena appenninica culmina con i 2914 metri del suo punto più alto: il Corno Grande. Hervé Barmasse, di lui stiamo parlando, non sta mai con le mani in mano: sulla roccia invece! Primo a riuscirci, il quarantasettenne alpinista valdostano ha realizzato - in solitaria e in inverno - il concatenamento e la traversata integrale di tutte le vette principali del massiccio che si trova interamente in Abruzzo e si estende - lungo l'asse nordovest-sudest per una cinquantina di chilometri (per quindici di larghezza). Tempo impiegato: poco meno di tre giorni, sessantasette ore appunto. Ad incorniciare la performance Hervé è stata la discesa dalla vetta del Crono Grande con gli sci: in solitaria, in invernale, in notturna!
Al di là dei numeri, dei gradi, della quota, il vero valore della traversata consiste però (come sempre nei progetti di Hervè) nell'esperienza personale e nella possibilità di trasmetterla al pubblico. Vero e proprio performer degli sport-non-sport del mondo outdoor, oltre che uno dei migliori alpinisti del panorama internazionale, Hervé è anche un fine e accattivante divulgatore, con un gusto per l'avventura e l'esplorazione che nel corso degli anni lo ha spinto ben al di là della performance alpinistica tout court.
© Alessandro Beltrame
Partito giovedì 6 marzo dal Passo delle Capannelle, Barmasse ha salito e sceso in sequenza Monte Franco, Monte Jenca, Pizzo Camarda, Malecoste, Monte Corvo, Pizzo Intermesoli, Giovanni Paolo II, Pizzo Cefalone, Portella e Corno Grande. Quest’ultimo, il punto più alto della catena appenninica (appena ottantasei metri meno della fatidica quota tremila) è stato salito e poi sceso da Hervé con gli sci in notturna.
“Concludere in questo modo la prima giornata è stato stupendo. Lassù il vento sbatteva la mia giacca, guardavo a 360 gradi le luci delle case fino al Mare Adriatico ed ero felice. Una magia e un’emozione grandi, un ricordo che porterò per sempre con me”.
© Alessandro Beltrame
Il secondo giorno l’avventura è proseguita verso est. Tra le cime salite, il Monte Aquila, Brancastello, Torri di Casanova, Monte Infornace, Monte Prena, Monte Camicia e Tremoggia.
“Me lo aspettavo meno faticoso ma con la neve abbondante, tra torri di roccia e canali, spesso sprofondavo sino alla vita. Però è così che mi ero immaginato questo viaggio. La dimensione avventura nasce dall’intuito e dalla creatività dell’alpinista e anche dalla sua onestà. L’anno passato, ad esempio, non c’era neve e se avessi provato, le cose sarebbero state più facili, ma avrei potuto parlare di ascensione invernale? Il calendario oggi non fa più la differenza … La nostra etica e i nostri ideali sì".
Ad accogliere Barmasse all’arrivo c’erano gli amici aquilani e una bottiglia di Passerina.
Mi sono affezionato a questi luoghi grazie alle tante persone incontrate sul set di "Monte Corno-Pareva che io fossi in aria", il film di Luca Coccoccetta e più in generale sugli Appennini durante alcune mie conferenze. Da quelle esperienze e quegli incontri ho sempre coltivato l’idea di vivere un’esperienza alpinistica in queste zone. La mia più sincera gratitudine va a loro”.
Rientrato alla base, l’alpinista-divulgatore di Valtournenche ha così rimesso ordine nella sua performance, approfondendone gli aspetti più significativa dell’esperienza a favore del grande pubblico della platea social.
Gran Sasso d’Italia: 67 chilometri, 7200 metri di dislivello positivo in autonomia tra creste e pareti, con ramponi e sci per concludere il primo concatenamento e la prima traversata integrale di tutte le vette principali di questo massiccio, da solo e in inverno. Ma questi… sono solo dettagli. In verità tutto era iniziato due anni fa quando, scalando da solo lo spigolo sud sud-est del Gran Sasso il mio sguardo e il mio cuore si riempivano di bellezza. È in quel momento che è nato il desiderio di pensare a una “sfida” sportiva che mi portasse ad abbracciare queste montagne. La scelta dell’inverno e della solitudine invece fanno parte del mio DNA. Se desidero un’avventura devo mettermi nelle condizioni ideali perché questo accada.
© ESA/NASA
L’anno scorso ad esempio non c’era neve. Se avessi provato allora le cose sarebbero state più facili, ma avrei poi potuto parlare di ascensione invernale? Il calendario oggi non fa più la differenza… La nostra etica e i nostri ideali invece sì. Nel mio modo di vivere la montagna esiste anche un’altra regola: il "togliere per avere". Di fatto, fino alla sera prima, non mi ero informato e non conoscevo quasi nulla di cosa sarei andato a fare ma avevo un’idea e un sogno e questo mi bastava. Il mio alpinismo prima di tutto deve emozionarmi e regalarmi la possibilità di vivere nuove esperienze e quest’ultima avrà per sempre un posto speciale. Ancora a proposito di cose speciali, o meglio di persone speciali: gli incontri avuti negli anni durante le mie conferenze sulla dorsale appenninica e nei mesi scorsi a L’Aquila con Luca Cococcetta, il Lupo, Luca e Roberto Parisse, Igor Antonelli e le molte persone incontrate in Abruzzo meritano la mia più sincera gratitudine. Senza di loro non avrei ritrovato l’autenticità di chi ama la montagna al di là dei nomi e dei confini.
Hervé Barmasse è un alpinista e comunicatore attivo nella divulgazione della cultura della montagna. Autore deI libri "La montagna dentro" e "Cervino la montagna leggendaria", regista e interprete di documentari sull'alpinismo, rappresenta la quarta generazione di guide alpine della sua famiglia. Il suo nome è legato a importanti ascensioni realizzate in tutto il mondo, come la via nuova aperta in solitaria sul Cervino, la salita in stile alpino della Parete Sud dello Shisha Pangma (metri 8027) in Himalaya in appena tredici ore, la prima ascensione della liscia lavagna granitica del Cerro Piergiorgio e la nuova via sul Cerro San Lorenzo in Patagonia, la prima salita del Beka Brakay Chhok in Pakistan e altre ancora. Sulla sua montagna di casa, il Cervino, Hervé ha lasciato in modo incisivo la sua traccia fino a diventare l’alpinista che, tra vie nuove, prime invernali e prime solitarie, ha compiuto più exploit. Per le sue ascensioni ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali si ricorda il Premio accademico Paolo Consiglio ricevuto quattro volte, il Premio internazionale Sport e Civiltà, Premio Panathlon International, Premio Sat, Premio Best Athlete, Premio Monzino, Grolla d’oro. Il suo primo libro "La montagna dentro", edito da Laterza (2015), diviene presto beststeller con oltre sessantamila copie vendute e viene tradotto in spagnolo, francese e tedesco. Nel 2021 esce con Cervino. La montagna leggendaria edito da Mondadori Electa, è best seller di categoria. Per la sua attività letteraria Hervé ha ricevuto il Premio Leggimontagna e Travel Stories Award con La montagna dentro; il Prix Terre D'aieulleures della giuria e del pubblico di Tolosa (Francia) per La montagne et moi - edizione francese di La montagna dentro; il Premio Itas con il libro Cervino - La montagna leggendaria. Attento alle tematiche legate all’alpinismo, alla montagna e all’ambiente in generale è attivo sui social, tv, radio e carta stampata. Dal 2016 è uno dei volti della trasmissione di Kilimangiaro in onda ogni domenica su Rai Tre. Dal 2021, ospite della trasmissione radiofonica Deejay Training Center di Linus in onda ogni domenica su Radio DJ.
Per il sostegno all’attività di Hervé Barmasse si ringraziano: Montura, Scarpa, Vibram, Cervino Ski Paradise, Enervit, Julbo, Grivel, Kästle, ATK Bindings e Pinarello.