Sono passati ottant'anni esatti dalla prima vittoria del Campionissimo nella Corsa Rosa: un successo inatteso, unito a un record di precocità non ancora battuto
Sulle strade del Giro d'Italia del 1940 l'Italia scoprì Fausto Coppi. Il giovane ragazzo di Castellania (oggi, non a caso, Castellania Coppi) vinse a sorpresa la Corsa Rosa alla sua prima partecipazione, stabilendo un record di precocità che ottant’anni dopo non è stato ancora superato. Un successo sigillato il 9 giugno, dopo l'ultima tappa con arrivo a Milano, ma deciso nei giorni precedenti anche grazie all'aiuto di un 'gregario di lusso' come Gino Bartali, futuro fiero rivale di quello che diventerà il Campionissimo.
1940, maggio. In Europa si combatte già da diversi mesi e, anche se l’Italia non è ufficialmente entrata in guerra, l’aria che si respira non è certo quella del tempo di pace. Sono i ciclisti, da sempre eroi nazional popolari, a provare a dare un senso di normalità al Paese sulle strade del Giro d’Italia, che parte il 17 con la prima tappa da Milano a Torino. Detentore della corsa è Giovanni Valetti, ma è Gino Bartali, secondo nel 1939, il favorito. Ginettaccio, però, cade nel corso della seconda tappa, nella discesa del Passo della Scoffera, nel tentativo di evitare un cane che stava attraversando la strada. Resta in corsa, tiene duro, ma perde minuti importanti in classifica: per la Legnano si profila un altra delusione. C’è un ragazzo di quella squadra, però, che pedala sicuro e sale veloce: è Fausto Coppi. Non ha ancora 21 anni, è alla sua prima partecipazione al Giro, ma mostra già umiltà, spirito di sacrificio e soprattutto una gran gamba in salita. Il direttore sportivo della Legnano, il mitico Eberardo Pavesi, decide di provare a dargli il via libera durante la decima tappa, la Arezzo-Firenze. Coppi scatta sulla salita della Consuma, sembra l’azione giusta ma gli inseguitori lo raggiungono a pochi chilometri dal traguardo. Nel capoluogo toscano i ciclisti si fermano per il giorno di riposo e ripartono verso Modena il 29 maggio. La tappa, lunga 184 chilometri, è caratterizzata dal maltempo e dalla fuga di Ezio Cecchi, che pare l'azione decisiva. Sull’Abetone, penultima salita, Coppi decide che è il momento di dare la scossa alla gara. Lascia il gruppetto degli inseguitori e, nonostante la strada bagnata e momenti in cui la pioggia diventa grandine, raggiunge il fuggitivo, si porta in testa e fa il vuoto. Arriva al traguardo con 3 minuti e 45 secondi sugli inseguitori, ma soprattutto sorpassa Enrico Mollo in classifica generale. Il giovane piemontese indossa così la maglia rosa per la prima volta in carriera.
Il Giro si dirige nei giorni successivi verso il Nordest del Paese e lì Coppi vive un momento di difficoltà: nella Trieste-Pieve di Cadore del 4 giugno, infatti, perde tre minuti a causa di problemi di digestione, ma riesce a limitare i danni grazie all’aiuto di Gino Bartali, che nel frattempo si è messo a disposizione come gregario. I due saranno poi protagonisti nella tappa successiva, con arrivo a Ortisei. Bartali attacca sul Falzarego, Coppi lo raggiunge e i due futuri rivali superano insieme le temibili salite di Pordoi e Sella. All’arrivo il toscano si prende la vittoria di tappa, il piemontese la soddisfazione dell’allungo decisivo nella generale. Bartali vince anche un’altra tappa, la penultima con arrivo a Verona, ma a Milano il 9 giugno la festa è tutta per Coppi, che a 20 anni e 284 giorni diventa il più giovane vincitore del Giro d’Italia. Un record che non è ancora stato superato.
Il giorno successivo, il 10 giugno 1940, l’Italia dichiara guerra a Gran Bretagna e Francia: lo sport è costretto a farsi da parte. Sarà ancora il ciclismo, nel dopoguerra, a ridare fiducia e senso di normalità a un Paese sconvolto dagli orrori del conflitto mondiale. E saranno proprio Gino Bartali e Fausto Coppi, diventati nel frattempo rivali, a caratterizzare la voglia di rinascita del Paese attraverso memorabili imprese in sella a una bicicletta.