I magistrati hanno ottenuto tutti gli atti presenti nelle procure di Rimini, Forlì, Roma e Napoli
di Marco Cangelli© Getty Images
A poche ore dal ventunesimo anniversario dalla sua morte, potrebbe riaprirsi il caso di Marco Pantani. La Procura di Trento ha acquisito i fascicoli relativi alla scomparsa del campione di Cesenatico indagando per "associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista". I magistrati trentini hanno infatti ottenuto gli atti presenti nelle procure di Rimini, Forlì, Roma e Napoli secondo quanto riportato da LaPresse senza però iscrivere per ora nessuno al registro degli indagati.
Una decisione che fa fronte anche a una questione territoriale visto che la vicenda di Pantani ha preso il via il 5 giugno 1999 quando, poco prima della tappa con partenza da Madonna di Campiglio, venne estromesso dal Giro d'Italia a causa di presunte alterazioni dei campioni ematici di Pantani durante i controlli anti-doping che hanno segnato la vicenda sportiva e umana del ciclista romagnolo. Quindici fino a ora le persone informate sui fatti ascoltate in procura per ricostruire le modalità del prelievo e capire perché alla provetta di Pantani non fu assegnato un numero progressivo e anonimo ma il 11440, apposto alla presenza di più persone.
Tra gli atti in possesso della magistratura di Trento anche le dichiarazioni rese a suo tempo e a più riprese ai carabinieri dall'ex capo clan camorristico di Mondragone, poi divenuto collaboratore di giustizia, secondo cui "se Pantani vinceva il Giro avrebbe buttato in mezzo alla via quelli che gestivano le scommesse". E poi ci sono i "buchi investigativi" evidenziati dalla Commissione parlamentare antimafia come si legge nelle "risultanze relative alla morte dello sportivo Marco Pantani ed eventuali elementi connessi alla criminalità organizzata che ne determinarono la squalifica nel 1999". Atti che per la prima volta riferiscono delle audizioni degli operatori del 118 che trovarono il ciclista morto ormai da ore e mai ascoltati durante le prime indagini. "Appare non condivisibile la scelta, conseguente alla frettolosa conclusione delle indagini, di non rilevare le impronte digitali nel luogo del rinvenimento del cadavere, del tutto inspiegabile in considerazione della copiosa presenza di sangue, visibile dalle numerose fotografie della polizia scientifica, di cui si sarebbe dovuta verificare l'appartenenza", ha concluso la Commissione antimafia.
Per il momento l'avvocato della famiglia Pantani, Fiorenzo Alessi, sottolinea che "quando un ufficio giudiziario, com'è in questo caso la procura di Trento, dimostra nei fatti di svolgere diligentemente e compiutamente la propria funzione e il proprio lavoro, la migliore forma di apprezzamento e condivisione sia un rispettoso silenzio".