I Patriots si impongono 13-3 in uno dei SB meno spettacolari di sempre: sesto trionfo in carriera per il quarterback dei Pats
Poche emozioni, un solo touchdown, ma alla fine vincono sempre i Patriots. Nella 53esima edizione del Super Bowl, al Mercedes-Benz Stadium di Atlanta, New England supera Los Angeles 13-3 e conquista il suo sesto Super Bowl. Sei come i trionfi in carriera di Tom Brady, sempre più nella leggenda di questo sport. Fantastica la prestazione di Julian Edelman, eletto MVP, deludente quella di Jared Goff, che perde lo scontro generazionale tra quarterback.
La storia è fatta. I New England Patriots, Tom Brady e Bill Belichick: un'altra pagina di una dinastia da leggenda. Sei Super Bowl vinti per i Pats, gli stessi dei Pittsburgh Steelers, sei per il quarterback migliore di sempre, 8 quelli del coach più vincente di tutti i tempi. Una festa senza fine per New England, che si aggiudica la 53esima edizione del Super Bowl, piegando i Los Angeles Rams 13-3 al Mercedes Benz Stadium di Atlanta. Un ultimo atto deludente, a dire il vero, in cui a dominare sono soprattutto le difese, a dispetto di quello che avrebbe dovuto essere il confronto generazionale tra il passato (che forse poi tanto passato non è) e il futuro. Tom Brady ne esce ancora una volta vincitore, pur giocando male, va detto. Peggio di lui, però, fa Jared Goff, che fallisce l'appuntamento più importante della sua giovane carriera: per il passaggio del testimone c’è ancora tempo.
Uno show che lascia con un pizzico di amaro in bocca: nessun touchdown nei primi tre quarti per la prima volta nella storia, il secondo Super Bowl con il minor numero di punti da oltre 40 anni. Poche scelte corrette da parte dei due QB, poche corse e qualche piazzato sbagliato di troppo. Tensione quella tanta, forse anche troppa. Goff, con lo sguardo giudicante di tutto il mondo puntato addosso, non riesce a creare gioco e Brady, che fa meglio del suo giovane rivale, resta lontano dei suoi soliti livelli mostruosi. 41 anni, dopotutto, iniziano a farsi sentire anche per l’eterno ragazzino, con un fisico tirato a lucido e la dinamite nelle braccia.I drive si succedono, uno dopo l'altro, senza che il punteggio si schiodi dallo 0-0 per tutto il primo quarto. Brady si affida ai veterani, mette in moto un incerottato Gronkowski e, soprattutto, trova un fantastico Julian Edelman, secondo nella storia solo a Jerry Rice per ricezione nella post season, con 10 nella notte di Atlanta. Il muro dei Rams, però, resiste stoicamente e solo il calcio dalle 42 yard di Gostkowski sblocca il punteggio, risvegliando un sonnecchiante Mercedes Benz Stadium.
La reazione dei Rams tarda ad arrivare. Soprattutto quella di Goff, che subisce anche un sack da Van Noy, viaggiando in una sorta di limbo, quasi impaurito davanti alla difesa granitica dei Pats. E chi non lo sarebbe… New England, dal canto proprio, può contare sulla serata di grazia di Edelman, il solo in grado di conquistare un primo down dopo l'altro e di sfidare apertamente la difesa di coach McVay, che sceglie, o forse non può fare diversamente, di non raddoppiare mai su di lui. Non certo la migliore decisione della sua giovane carriera.Il pareggio arriva, inatteso, con un calcio del solito Zuerlein, l'eroe che aveva trascinato i Rams al Super Bowl, ma nemmeno i primi 3 punti di LA riescono a far decollare lo spettacolo. Si arriva così all'ultimo quarto senza nemmeno un TD per la prima volta nella storia. A chiudere definitivamente i conti per i Patriots ci pensano Brady e Michel: il quarterback mette spalle al muro i Rams, mentre il running back sfonda, realizzando il primo (e ultimo) touchdown della partita. Gostkowski piazza tra i pali, dalle 41 yard, gli ultimi tre punti per New England. Brady alza le braccia al cielo con tutti i Patriots per la sesta volta, è record.Una vittoria che consacra anche il mito di coach Bill Belichick come il più grande di tutti i tempi. Otto gli anelli vinti in carriera, due 2 da defensive coordinator dei New York Giants e 6 alla guida dei Patriots. Una figura mitologica, dura, autoritaria, discussa ma, indubbiamente, vincente. Il modello a cui il coach prodigio dei Rams, il 33enne Sean McVay, cerca di ispirarsi. Anche in questo caso, però, è il ‘vecchio’ a prevalere sul nuovo che avanza, o quanto meno prova a farlo. La partita di Atlanta ne è la perfetta dimostrazione: l’allievo non ha ancora superato il maestro.