Il CEO della squadra oceanica Grant Dalton ha fatto il punto su quale potrebbe essere il futuro della competizione velistica in caso di successo dei Kiwi
di Marco CangelliIl Round Robin della Louis Vuitton Cup è appena finito, ma in casa Emirates Team New Zealand c'è grande ottimismo tanto da pensare al 2026 per la nuova edizione dell'America's Cup. Quando sono scesi in acqua i Kiwi hanno sempre vinto se si eccettua la sconfitta nel secondo scontro con Luna Rossa Prada Pirelli, arrivata però in condizioni climatiche al limite. Un piccolo incidente di percorso giunto in una situazione eccezionale e per questo motivo da prendere con le pinze tanto da spingere l'equipaggio oceanico a pensare a una vittoria finale nella competizione e di conseguenza a pensare all'organizzazione del prossimo appuntamento.
"Possiamo vedere una nuova edizione, potenzialmente, nel 2026. Non è un ciclo lungo. Una rapida ripresa delle regate è considerata importante dai team, per mantenere gli sponsor e il personale e per acquisire esperienza nella classe di imbarcazioni. Si potrebbero vedere già dei preliminari a gennaio 2025 e aumenteremmo la frequenza delle regate perché lo chiedono tutte le squadre. Questi preliminari potrebbero svolgersi già con gli AC75 e non più con gli AC40 impiegati lo scorso anno - ha spiegato Grant Dalton, CEO di Emirates Team New Zealand, in un'intervista al portale neozelandese Stuff -. Se la Nuova Zelanda potesse ospitare la America’s Cup nel 2026, spetterebbe ai politici decidere e presentare un’offerta, piuttosto che alla squadra cercare attivamente un accordo".
Al centro dell'attenzione di Dalton vi è anche la questione dei budget, sempre particolarmente elevati e per questo motivo difficili da sostenere per i team. Un motivo che spinge a organizzare la gara spesso dopo diversi anni e con pochi sindacati al via. Mettendo un limite di spesa potrebbe rendere tutto più appetibile e soprattutto in un lasso di tempo più breve: "Al momento non abbiamo avuto alcun approccio diretto da parte della Nuova Zelanda, ma ci auguriamo che ciò avvenga prima o poi. A differenza del SailGP, non siamo finanziati da miliardari. Dobbiamo produrre noi stessi i soldi dagli sponsor e dalle città. Quindi non c’è Babbo Natale - ha concluso il dirigente oceanico -. La spesa di Alinghi è astronomica, una cifra controllabile o realistica potrebbe aiutare a lavorare con maggiore collaborazione, permetterebbe di avere cicli più brevi e anche qualche squadra in più“.