Battuti in Gara-6 i Miami Heat di un LeBron James mai così odiato. Ma soprattutto fu la rivincita di una squadra messa in ombra dalle altre texane, Rockets e Spurs
Una squadra ambiziosa, amatissima dalla sua città, ma mai vincente. Questo erano i Dallas Mavericks, divenuti dagli anni '90 la terza forza del Texas dopo le esplosioni di Houston e poi San Antonio. Ma il 12 giugno 2011 tutto cambiò, quando un immenso Dirk Nowitzki e i suoi compagni ebbero la meglio sui Miami Heat in Gara-6 delle Nba Finals. Vendicando anche il ko del 2006 e dando una lezione a tutti coloro che non credevano nelle favole.
"Tutto è più grande nel Texas", amano dire nello Stato della Stella Solitaria. Ma chi ama il basket e vive a Dallas si è visto costretto negli anni a sviluppare una sorta di complesso di inferiorità nei confronti dei vicini di casa (per quanto si possa parlare di vicinanza in un territorio sconfinato come quello, appunto, del Texas). Dal 1994 in poi, infatti, lo Stato visse due boom: quello degli Houston Rockets di Hakeem Olajuwon e poi quello dei San Antonio Spurs di Duncan, Parker e Ginobili. Dallas, situata nella più grande area metropolitana interna degli Stati Uniti ma che resta la terza città dello Stato dopo Houston e San Antonio, iniziava davvero a sentirsi subalterna rispetto alle due grandi rivali. Anche perché la grande occasione sembrava essere stata sprecata nel 2006, quando una stagione chiusa con un record di 60-22 fu vanificata nelle Finals contro Miami (con gli Heat capaci di rimontare da 0-2 a 4-2).
E nuovamente un'ombra negativa si abbatté su Dallas, visto anche che l'anno successivo l'eliminazione si verificò addirittura nel primo turno dei playoff, partendo addirittura da un record di 67-15 nella regular season. Finalmente però il 2010-2011 rappresentò il grande riscatto per i Mavericks. Battuti nella Southwest Division dai soliti Spurs, stavolta i Mavs spiccarono il volo nei playoff: eliminati per 4-2 i Blazer, rifilarono addirittura uno storico 4-0 ai Lakers nella semifinale di Conference. In finale anche i Thunder rappresentarono un ostacolo aggirabile quasi facilmente (4-1), mentre dall'altra parte avanzavano inesorabilmente i soliti Miami Heat. Che rispetto a cinque anni prima vantavano una non sottovalutabile novità: un certo LeBron James nel motore. Quest'ultimo, non ancora The King, era al primo anno in Florida dopo il primo tormentato addio a Cleveland e per tutti era "The Chosen One": sicuramente uno dei giocatori più detestati della Nba del tempo, tanto che mezzo mondo fece il tifo per la favola Mavs.
Qualcosa di cui la città di Dallas aveva bisogno fino a un certo punto, dato che era in pieno corso il filotto di partite consecutive casalinghe con il tutto esaurito: un record che sarebbe proseguito fino al 2017, restando unico nella storia ancora oggi. Non solo, perché giù Gara-1 fece registrare i migliori ascolti televisivi dal 2004, nonostante l'assenza delle franchigie più seguite della storia, come Lakers, Celtics o Bulls. Tutto era pronto per il definitivo exploit, che avvenne ribaltando il pronostico dopo il momento più complicato: la sconfitta casalinga che valse il 2-1 per gli Heat. Da quel momento, però, Dallas non si fermò più. Le successive tre vittorie furono firmate dalla sapiente regia dell'immenso Jason Kidd, dalla presenza costante a rimbalzo di Chandler e soprattutto da Dirk Nowitzki. Il gigante tedesco, in squadra dal lontano 1998, completò la sua trasformazione in WunderDirk e non scese mai sotto i 20 punti nelle sei partite della Finals, concluse con una media di 27,7 e la corona di MVP della lunga sfida con Miami. E quella notte del 12 giugno, finalmente Dallas ce l'aveva fatta. Potendo guardare le vicine di casa dall'alto verso il basso. E tutto il mondo, ma soprattutto il Texas. Dove, si sa, tutto è più grande.