Il play dell'Olimpia, dall'atletica all'esperienza NBA, lancia la sfida offerta dall'ambizione milanese: "Dimostrare chi siamo davvero"
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Dopo una stagione di livello al Bayern, il ritorno in Eurolega di Leandro Bolmaro scala un altro gradino. Il biennale (con opzione di prolungamento per un'altra stagione) che l'argentino ha firmato con l'Olimpia Milano parla della fiducia biancorossa nelle doti e nelle motivazioni del quasi 24enne di Las Varillas. Dall'infanzia sui campi d'atletica, ecco come Bolmaro si è raccontato ai canali ufficiali milanesi.
GLI INIZI NELL'ATLETICA
"Ero forte nel salto in alto, ma mi piaceva di più giocare a basket, era più divertente. Avevo il record argentino tra i ragazzi della mia età, 15 o 16 anni. Ho disputato gare importanti in Sud America. Ero bravo davvero".
IL BASKET E L'ARGENTINA
"Restavamo svegli fino a tarda ora perché le partite erano di notte per vedere Ginobili e i San Antonio Spurs. Era il mio idolo. Per la nostra Nazionale non è un momento facile. Siamo passati da una squadra fortissima a una squadra giovane. Alle Olimpiadi vanno solo in 12 e qualificarsi è durissima. Anche per questo ho il massimo rispetto per quello che hanno fatto nel 2004. Io, come tutto il paese: l’ammirazione per quei giocatori è massima".
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IL RUOLO DI PEPE SANCHEZ
"È stato lui a portarmi a Bahia Blanca da professionista. Abbiamo un rapporto stretto, anche adesso. È stato lui a segnalarmi ai club europei. Ho giocato un torneo in Sud America con la Nazionale Under 17. Poi ci eravamo qualificati con la Nazionale per la Coppa del Mondo Under 19 anche se io ero più giovane. Lì mi hanno visto quelli del Barcellona. È stato un grande cambiamento, un grande impegno".
DA CENTRO A PLAYMAKER
"Inizialmente, ero un lungo, giocavo vicino a canestro. A 9-10 anni mi consideravano un centro perché ero alto, ma crescendo ho cominciato a giocare dappertutto. Poi da ragazzino non hai un vero ruolo, vai in campo e giochi. Quando ho scelto di giocare davvero a basket, ho cominciato a giocare da playmaker o da guardia".
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IL TRASFERIMENTO A BARCELLONA
"Al momento di partire qualche dubbio lo avevo. Non è stato facile ambientarmi. Fortunatamente vivevo con altri due ragazzi della squadra e questo ha reso tutto meno complicato. Poi la lingua era la stessa e i miei giorni molto impegnativi. Andavo a scuola, poi all’allenamento e non c’era tanto tempo per pensare troppo. Ma alla fine è stata la scelta giusta".
I PLAYOFF DI EUROLEGA 2021
"Non stavo giocando molto, poi le cose sono cambiate nei playoff contro lo Zenit. Lì ho cominciato a giocare tanto ed essere un giocatore importante. Siamo andati alle Final Four, abbiamo giocato contro l’Olimpia. Lì c’è stato anche l’infortunio di Calathes. Io ero lì, ero giovane, ma giocavo tanto, quasi non ci credevo. Feci bene anche se purtroppo non fu abbastanza per vincere la coppa".
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IL RAPPORTO CON NIKOLA MIROTIC
"È come se fosse mio padre o mio zio. A Barcellona, è stato lui a presentarmi agli altri della prima squadra, mi ha aiutato tanto: io faccio sempre quello che lui mi dice di fare, perché so che è la cosa giusta. Il rapporto è nato bene, poi è diventato sempre più forte, adesso lo ritrovo a Milano. È fantastico. Grande giocatore, grande persona, e giocare con lui è facile".
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GLI ANNI CON MINNESOTA E UTAH
"È difficile parlare della NBA per me, è stata un’esperienza dura. Sicuramente ho imparato tanto e sono cresciuto mentalmente. Penso che anche grazie a quell’esperienza adesso sono qui perché, dopo la NBA, sono successe tante cose buone, ho avuto un buon anno al Bayern e adesso sono a Milano, felice di esserci e pronto".
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LA SCELTA DI MILANO
"L’Olimpia è una grande squadra, una grande società. Ho raccolto tante informazioni prima di venire qui, ho parlato con giocatori che sono stati qui e ho sentito solo cose buone. Poi ho scelto Milano perché mi convince il progetto, le ambizioni del club, la sfida che mi viene proposta. Per me personalmente e per tutta la squadra, è una grande sfida, una grande opportunità di costruire una delle migliori squadre d’Europa. Sarà una bella occasione per dimostrare chi siamo davvero".