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Brooks e il talento al tiro: "Sono grato a Dio, ci aggiungo tanto lavoro"

L'americano dell'EA7 contro Treviso ha mostrato la sua abilità offensiva: "Se entrano i primi tiri, prendo consapevolezza e tutto diventa più semplice"

13 Mar 2025 - 12:34
 © IPA

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Non rappresentano il suo massimo, ma i 27 punti messi insieme contro Treviso spiegano bene il talento offensivo di Armoni Brooks. Così come il 7/11 da oltre l'arco, elemento che ha dato all'EA7 la spinta per vincere le resistenze della Nutribullet. 

Eppure Brooks non sempre è protagonista e qualche volta (come nella Final Eight) è finito in tribuna nelle rotazioni di Ettore Messina, che deve maneggiare il talento diffuso in abbondanza nel roster.

"È difficile non perdere il ritmo ma devi restare concentrato e pronto mentalmente a prescindere dalla situazione in cui ti trovi. Sia che giochi 25 minuti, 2 o zero, bisogna mantenere la stessa mentalità, approccio ed etica del lavoro. Il basket è un gioco di squadra, si vince assieme. L’Armani ha tantissimo talento, ci sono 12 giocatori da scegliere ogni partita per competere al massimo".

Anche se Brooks sta dando segnali di crescita in altri fondamentali (il suo exploit, domenica scorso, è arrivato dopo una grande stoppata), è chiaramente la sua capacità realizzativa il principale punto di forza.

"Il talento al tiro è un dono di cui sono grato a Dio, ma è anche frutto di un grande impegno. A me piace lavorare tanto, ho la mia routine prima delle partite e di molti allenamenti. È una forma di disciplina che poi cerco di portare e applicare anche in gara".

Caratteristiche ormai ben note anche a compagni e staff, che lo esortano a provarci, conoscendo le sue potenzialità una volta entrato in ritmo.

"Io cerco di essere sempre aggressivo in attacco, me lo chiedono i compagni, l’allenatore, sento la loro fiducia. Io ne ha sempre nelle mie capacità, ma diventa tutto più semplice quando segni i primi tiri e la consapevolezza sale".

Guardandosi indietro, Brooks benedice la sua decisione di accettare la proposta dell'Armani.

"Venire a Milano è stata la scelta migliore che io e la mia famiglia potessimo fare, ho la mente aperta sul costruirmi un futuro lontano dagli Stati Uniti. Ho dovuto adeguare il mio gioco, perché il basket europeo è molto diverso da quello che ero abituato a esprimere, e sto ancora facendo degli aggiustamenti, sostenuto dai compagni e dall’allenatore. Mi piace molto giocare qui, trovi atmosfere e stili di basket differenti ogni sera. E anche in Serie A, ogni weekend devi essere al meglio fisicamente e mentalmente per vincere".

Con obiettivi chiari e inderogabili, per il finale di stagione.

"Sia in Europa che in Italia siamo nella posizione per lottare per il miglior posto nei playoff. Dobbiamo continuare a lavorare, stare uniti. Il gruppo è resiliente, siamo stati capaci di uscire da un paio di momenti complicati, ora dobbiamo cercare di essere più consistenti in ogni gara fino alla fine della stagione. Ma la mente non va appesantita troppo affrontando le gare decisive: dobbiamo eseguire il piano partita, giocare assieme, difendere e le cose belle verranno di conseguenza. Non dobbiamo subire troppo la pressione, ma stare uniti con la consapevolezza che avremo ancora molti ostacoli difficili da superare".

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