Al 21° anno in NBA, nonostante voci sempre più insistenti di ritiro, la stella dei Lakers sta continuando a riscrivere la storia della pallacanestro mondiale
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Il 30 dicembre 1984 un terremoto di magnitudo 5.6 scuoteva Iran e Bangladesh, Lady D posava col principe William per la copertina di "Life", tutta Italia cantava "I Just Called To Say I Love You" di Stevie Wonder e a Akron, capoluogo della contea di Summit nell'Ohio, nasceva LeBron Raymone James.
Parlare di LeBron a 40 anni esatti dalla sua nascita come un qualcuno capace di scendere sul parquet per 35' una decina di sere al mese ed essere a volte (non sempre né tanto spesso quanto nel recente passato) il miglior giocatore di una partita NBA, è impressionante. La stessa Lega in cui The Chosen One ha esordito 7733 giorni fa (29 ottobre 2003: 3 suoi compagni attuali ai Lakers avevano meno di un anno, quel giorno...) e che ora ospita anche suo figlio Bronny, per uno dei tanti primati scritti per la prima volta da LeBron.
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23.5 punti, 7.9 rimbalzi e 9 assist di media (solo nel 2017/18 e nel 2019/20 ne distribuiva di più), il 76.7% ai liberi (3ª miglior percentuale della carriera),15 doppie doppie e 8 triple doppie: cifre che quasi tutti firmerebbero col sangue per avere al picco della propria vita cestistica, e che LeBron continua a macinare da ottobre 2024 a oggi. Se diversi dei "il più giovane a..", mantenuti da James sino all'arrivo di nuove stelle sul palcoscenico (Doncic, Wembanyama...), sono già persi, quelli destinati a rimanere in eterno negli annali NBA sono invece i primati legati alla longevità, "il più vecchio a...".
Se si può discutere che altri fenomeni del basket a stelle e strisce abbiano raggiunto vette ancora più alte di quelle di The King, non si accettano alternative a LBJ riguardo costanza di rendimento, efficienza fisica ed evoluzione del proprio gioco nel corso dell'intera carriera. Pur di rimanere ai vertici, LeBron è passato dal dominare per atletismo a farlo col tiro, dal controllare in difesa grazie a una mobilità fuori dal comune a orchestrare i movimenti di squadra col carisma e la comunicazione verbale, dal passare oltre i corpi avversari a vederci gli spazi per i compagni.
Cleveland, Miami, di nuovo Cleveland (il titolo del 2016 è la vittoria che ha saputo riconciliare quasi tutti con un personaggio troppo esorbitante il basket per non dividere), dal 2018 ai Los Angeles Lakers: tappe di una storia di cui LeBron detterà ogni frase sino all'istante in cui deciderà lui, senza avvisare in anticipo, quando si renderà conto di "continuare senza mancare di rispetto al Gioco".
Quando capirà che non varrà più la pena investire alcuni dei milioni nel personale conto in banca per curare alimentazione, riposo e prevenzione degli infortuni, solo allora si comprenderà quanto James abbia attirato su di sé per un quarto di secolo circa: il vuoto che l'NBA sta cercando (senza per ora riuscirci) di colmare a livello di immagine e credibilità al di fuori del parquet è forse l'eredità più pesante che donerà il Prescelto, non per caso "more than an athlete".
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Un mondo in cui le "facce" sono ancora James, Steph Curry e Kevin Durant - Parigi 2024 e la recente sfida di Natale tra Lakers e Warriors sono lì a dimostrarlo - non è pronto a rinunciare a LeBron. E allora che ce lo si goda ancora, anche nei turni di riposo e le partite seguite in borghese a telecomandare la squadra al fianco di coach JJ Redick. Coincidenza ha voluto che la prima partita in calendario di un LBJ 40enne sia contro la "sua" Cleveland: non c'era miglior regalo che NBA potesse fare al suo Re. Buon compleanno, LeBron Raymone.
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