La separazione tra l'Olimpia Milano e il suo capitano continua a far discutere. Si poteva evitare? Ma forse sarà un affare per tutti
di Enrico De Santis© IPA
La fine di un ciclo. L’Olimpia Milano, una settimana dopo la conquista del suo 31esimo scudetto, perde il suo capitano, un punto di riferimento in campo e nello spogliatoio. E la storia tra Nicolò Melli e l’EA7 non finisce esattamente tra lacrime d’amore e abbracci, come successo – ad esempio – con Sergio Rodriguez. O come potrebbe capitare presto con Kyle Hines, per fare un paio di esempi.
Cosa ha portato alla rottura, o meglio alla mancata convergenza tra le parti per arrivare al rinnovo del contratto, probabilmente non si saprà mai. O magari è più semplice di quanto si immagini.
L’ingaggio di Nikola Mirotic di un anno fa (un’occasione last minute da non lasciarsi scappare o un reale obiettivo a lungo inseguito prima della fumata bianca?) portava con sé un chiaro messaggio. Nei piani del club, e quindi di Ettore Messina, Melli avrebbe avuto un altro ruolo. Non tanto, non solo, sul parquet: non era in ballo unicamente la posizione in campo, ala grande o centro. Mirotic sarebbe stata la stella, con buona pace degli altri. Melli compreso.
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Scelta legittima di chi deve farle, le scelte. Ma che a conti fatti non ha avuto gli esiti sperati. La pessima stagione in Eurolega, solo parzialmente riscattata dallo scudetto, ha lasciato in eredità un’annata tutt’altro che indimenticabile per il montenegrino (il saldo investimento/rendimento non può considerarsi complessivamente positivo). E anche Melli non ha certo disputato la miglior stagione in carriera, specie nella prima parte di stagione in cui – anche per metabolizzare l’arrivo di Mirotic? – ha faticato a raggiungere uno standard di rendimento degno del suo livello. Nel concreto, solo nell’ultimo mese i due hanno funzionato bene insieme. Restano però i precedenti 8 mesi. E, anche in considerazione di questo aspetto, il club ha scelto di non investire una cifra così importante per un rinnovo pluriennale di un giocatore non entusiasta del ruolo – in campo e non – che avrebbe rivestito. Anche se resta la convinzione che non sia stata soltanto una questione di soldi. E che le dinamiche del rapporto giocatore-coach ("a volte è stato distruttivo", ha ammesso Melli non più tardi di pochi giorni fa) abbiano avuto un certo peso. Molto probabilmente anche superiore all'aspetto economico della vicenda.
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Sicuramente il gradimento dei tifosi verso Ettore Messina dopo questa scelta avrà perso un bel pò di punti. Ma un manager deve fare il manager (e Messina lo è, per investitura del club) e non assecondare gli umori della piazza, seppur mossi da un sentimento romantico e passionale come l’amore per un giocatore dello spessore umano e tecnico raro come Melli. Lo insegna la storia, non si tratta di un’opinione.
Così come non sono oggetto di opinione i risultati. E il quinquennio di Messina ha portato tre scudetti, due Coppa Italia e 1 Supercoppa. Più le Final Four di Eurolega nel 2021. Si poteva fare meglio? Ovviamente sì, in Europa (anche un paio di magre figure in Coppa Italia urlano ancora vendetta). Poteva andare peggio? Probabilmente no, ma i 3 scudetti di fila non sono da catalogare come “atto dovuto” se è vero che il three-peat negli ultimi 50 anni è successo solo altre 3 volte.
Ora, come detto, inizia un altro ciclo. Per l’EA7, che dovrà trovare nuovi leader e nuove certezze nell'ennesima estate di ricostruzione. Senza Melli ha perso l'italiano di gran lunga più forte, con un peso specifico enorme in LBA e di fatto insostituibile. Una scelta molto coraggiosa, un rischio non da poco con cui Messina sarà destinato a convivere da qui a quando arriverà il momento del giudizio alla fine della prossima stagione. Così come quella di Nicolò, che magari avrebbe potuto accettare la sua nuova dimensione all'interno dell'Olimpia: perché in fondo un leader resta tale anche se non è necessariamente quello con tutti i riflettori puntati addosso.
Ma se il club e il giocatore sono rimasti per così tanto tempo su due piani così diversi e così distanti senza trovare un punto di incontro, allora la separazione è la fine migliore per entrambi. Perché quando finisce un amore la cosa più intelligente da fare è prenderne atto. E agire di conseguenza.