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Olimpia, che cuore: tutti uniti col sogno playoff

Nella vittoria di Belgrado c'è il contributo di tutti, non solo dei big. E il sesto posto non è più un miraggio: decisivi i prossimi 3 scontri diretti

14 Mar 2025 - 09:15
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Difficile, se non impossibile, trovare un giocatore dell'EA7 Emporio Armani Milano che non abbia avuto anche solo un momento in cui, nella ribollente Belgrade Arena, prendere per mano i compagni e contribuire alla 5ª vittoria consecutiva dei biancorossi in casa della Stella Rossa - Milano non perde a Belgrado con la Zvezda dal 9 febbraio 2018. Un 80-82 "di importanza estrema", come definito da coach Messina nel post-partita, anche perché arrivato in condizioni ambientali e fisiche ben lontane da quelle ideali.

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"Sapevo quanto la mia squadra avesse bisogno di me. Volevo esserci per loro, anche se non ero in grado di giocare nel modo in cui avrei voluto": parole che hanno seguito i fatti, e che fatti, di Nikola Mirotic19 punti (3/4 da 2, 2/6 da 3, 7/9 ai liberi), 7 rimbalzi, 2 assist e 7 falli subiti in 28'40" sul parquet: numeri notevoli per uno dei migliori giocatori di Eurolega già di per sé, figurarsi con le evidenti limitazioni date dal dolore al coccige. Poche le cose rimaste da imputare al 34enne di Podgorica: giocando buona parte dei minuti esclusivamente di letture, di comunicazione, di sfruttamento della foga "stupida" della difesa della Stella Rossa (Petrusev, Miller-McIntyre, Kalinic: tutti beffati, almeno una volta, dalla ricerca dei contatti di Niko al momento del tiro), il #33 dell'Olimpia ha aggiunto un altro tassello alla costruzione di una leadership carismatica nel gruppo messiniano.

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Un circolo virtuoso, quello creatosi tra i veterani di Milano: come LeDay aveva forzato il rientro dopo l'infortunio alla spalla per non abbandonare la nave nel naufragio annunciato di Istanbul con l'Efes, così Mirotic ha imposto di sacrificare il proprio corpo, alla stregua di un exemplum cristiano.

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Le statistiche individuali illuminano la stella di Mirotic, ma mai come a Belgrado l'Olimpia ha vinto tutta insieme, di squadra. Ci sono stati i possessi decisivi nel finale gestiti da Shavon Shields; ci sono stati in cui si è percepito tutto l'ex Partizan che ancora c'è in Zach LeDay; c'è stata la scoperta dell'accoppiamento difensivo favorevole tanto caro al ritmo offensivo di Brooks (gli 11 cm di differenza tra Armoni e Isaiah Canaan si sono visti tutti); c'è stata l'ennesima serata da difensori totali e facilitatori di Bolmaro e Causeur; ci sono stati minuti in cui Willie Caruso è sopravvissuto al caos sotto canestro, tamponando l'emergenza data dall'indisponibilità di Gillespie e i problemi di falli di Diop.

Le 29 serata stagionali dell'Olimpia in Eurolega suggeriscono però di non trarre troppe conclusioni sul lungo periodo. A sconfitte cocenti, tirate o dolorosissime sono seguite prestazioni autorevoli, commoventi ed esaltanti, e viceversa. In sé e per sé, il 2-0 nello scontro diretto con la Stella Rossa (che ora dovrebbe fare a meno per lungo tempo di Bolomboy, candidato a premio di miglior difensore dell'anno di EL) non aumenta le chance biancorosse di uscire vincitori dalle trasferte a Parigi e a Madrid. Una doppia sconfitta complicherebbe il raggiungimento della postseason, così come una doppia vittoria spalancherebbe scenari di accesso diretto ai playoff ma non garantirebbe nulla di certo.

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Il giovedì di Eurolega ha inoltre rimescolato ancor di più una classifica già compattissima (tra il 5° e il 13° posto ci sono 3 vittorie di differenza!): la sconfitta di Paris Basketball a Kaunas e quella del Monaco col Maccabi alla Aleksandar Nikolic Hall, a 6 km in linea d'aria dagli spogliatoi della Belgrade Arena, erano facilmente escluse dalle ipotetiche tabelle compilate a tavolino. Di tabelle e tavolini, però, non è fatta l'Eurolega dell'EA7 Emporio Armani Milano. È fatta di leader, di compattezza, di unione, di serate memorabili come quella di Belgrado.

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