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Eurolega, Motiejunas chiude le porte alle russe: "Nulla è cambiato"

Il CEO, confermando l'intenzione di espandere il format ("24 squadre sarebbero l'ideale"), esclude il rientro di CSKA, Zenit o UNICS a breve termine

28 Feb 2025 - 11:03
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L’atmosfera era quella di casa, ospitato nel podcast “Missmatch” del portale lituano Krepsinis. Nessuna condizione migliore per Paulius Motiejunas, CEO di Eurolega e principale esponente mediatico della massima competizione continentale, per approfondire i temi più caldi del futuro di EL. Primo tra tutti, la potenziale espansione a 20 squadre a partire già dalla prossima stagione.

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"Per molti anni, i mercati potenziali per l'espansione sono rimasti gli stessi: Dubai è emerso come un nuovo candidato. Valencia è sempre stata una scelta sicura, per ampliarci. È una squadra stabile con risultati impressionanti, una grande città e una nuova arena in costruzione. Rimane una delle principali opzioni". Le prime scelte ricadrebbero dunque su una squadra dal recente passato in Eurolega, specializzata nello yo-yo tra competizione principale ed EuroCup (4 vittorie, almeno 2 in più del resto delle partecipanti della storia, e una possibile 5° in arrivo a fine stagione), e la neonata franchigia emiratina del "nostro" Abi Abass, attualmente al 4° posto in ABA Liga dietro Partizan, Buducnost e Stella Rossa. In seconda battuta?

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"La Francia, così come l'Italia e la Germania, sono tutti mercati cruciali. Squadre come Hapoel Tel Aviv e Hapoel Gerusalemme stanno bussando alla porta. Hanno sicuramente una possibilità di competere in Eurolega in futuro. Dobbiamo anche mantenere il principio sportivo: vogliamo che ogni squadra sia competitiva e che si vedano arene piene in tutta l'Eurolega".

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Oltre a rivelare il numero perfetto - al momento utopico, viste le difficoltà a sostenere già una competizione a 18 - di squadre accolte in Eurolega ("24 squadre sarebbero l'ideale, ma vedremo come si svilupperanno le cose") e accennare all'impatto che una licenza pluriennale a squadre serbe potrebbe cambiare il panorama del torneo ("Abbiamo 13 squadre azioniste, e mentre club come Parigi e altri vogliono assicurarsi una licenza, è ancora troppo presto per quella decisione"), il discorso è inevitabilmente virato verso temi che intrecciano geopolitica e sport.

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Così Motiejunas, ad esempio, sulle condizioni competitive del Maccabi Tel Aviv, formalmente costretto a giocare a porte chiuse a Belgrado: "Capisco quanto sia cruciale giocare davanti ai propri tifosi. Allenarsi e competere lontano da casa non è la stessa esperienza. Vogliamo vederli tornare alla normalità, beneficiando del loro pubblico di casa. Come CEO, desidero che la situazione si normalizzi il prima possibile, ma allo stesso tempo dobbiamo assicurarci che sia sicuro farlo".

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Il passaggio più significativo, anche perché in contraddizione col pensiero di un membro teoricamente allineato alla volontà del board di Eurolega (Goran Sasic, direttore dell'EuroLeague Head Coaches Board), ha riguardato la possibile reintroduzione nella competizione di CSKA Mosca, Zenit San Pietroburgo o UNICS Kazan: "Non credo che le sue osservazioni rappresentino nemmeno le opinioni di tutti gli allenatori dell'EuroLeague. Questa è l'opinione di un singolo individuo, che scegliamo di ignorare. Ognuno è libero di avere le proprie opinioni, ma questo non riflette la posizione di Eurolega. Siamo in comunicazione costante con la dirigenza delle squadre russe, valutando la situazione. Ad oggi, nulla è cambiato: non c'è motivo di parlare del loro ritorno in questo momento". Anche nel mantenere una posizione forte, quindi, Paulius Motiejunas ed Eurolega dimostrano che di forte, alla base dell'organizzazione, c'è poco o nulla.

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