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LeDay, lo "zainetto" che ha (ri)conquistato Milano: "Vivo per il basket"

Idolo dei tifosi e punto di riferimento per la squadra, il texano si confessa: "Ho lasciato l'Olimpia a un certo livello e volevo riportarcela"

06 Dic 2024 - 11:45
 © legabasket.it

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Più leader, più forte, più simpatico. Lo Zach LeDay che ha ritrovato l'Olimpia dopo tre stagioni è tutto un "più", un passo avanti. Merito della tenacia, della dedizione, forse anche degli appunti che conserva nel suo zainetto da cui non si separa mai, in allenamento e prima che inizi la partita. Un taccuino con note sparse, ma meticolose su ogni squadra, che ripassa anche a pochissimi secondi dalla palla a due.

Intervistato dal Corriere della Sera, LeDay ha parlato non solo del suo legame con lo "zainetto" (soprannome con cui viene chiamato dai tifosi dell'EA7), ma anche del ritorno a Milano in estate: "Provo un grande senso di responsabilità, perché ho lasciato l'Olimpia a un certo livello e volevo riportarcela. Così mi sono messo a lavorare come un pazzo con il trainer in sala pesi. Volevo essere pronto. Quando una squadra mi chiama, che sia l'Olimpia, il Partizan o i Lakers, il mio obiettivo è di aiutare quella squadra a elevare il suo status. Quindi sono tornato qui, con l'obiettivo di crescere ogni giorno. Crescere e dimostrare di essere uno dei migliori giocatori di Eurolega e possibilmente vincere titoli e trofei".

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Famoso per il suo zainetto, famoso per la sua meccanica di tiro che di certo non sorprende per l'eleganza. Tanti gli allenatori, ammette LeDay, che hanno provato a cambiargliela: "A 15 anni il mio coach ha detto: ti trovi bene con questo tiro? Sì, ho risposto. Fai canestro? Sì. Fai 20 punti? Sì. E allora tienilo. L’ho perfezionato negli anni e oggi non è facile da fermare. All’Olympiacos, anche Printezis mi ha suggerito: non cambiarlo mai",

LeDay aveva già giocato a Milano nella stagione post-Covid: "Un anno davvero complicato. Giocare senza pubblico è difficile in generale e lo è stato ancora di più per me, che sento molto l'energia dei tifosi e amo connettermi con loro. Eppure, anche a distanza, sentivo l'energia che i tifosi riuscivano a trasmettere".

Il lungo texano ha anche analizzato un inizio di annata non semplice per i biancorossi: "Quando nel roster ci sono giocatori giovani e soprattutto con poca esperienza in Eurolega, ci sta. E fare esperienza in Europa richiede tempo, non importa se hai giocato in NBA o se sei stato MVP di questa o di quella lega. Io vivo per il basket, penso al basket 24 ore al giorno. Sono cresciuto per essere un giocatore senza ruolo. Faccio quello che serve alla squadra, gioco dove serve. Ecco, magari non play...".

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