Sono passati 37 anni dall'impresa immortale compiuta da un'Italia piena di fascino e carisma, andata contro tutto e tutti
“Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!”. Un triplice urlo come un triplice fischio, il richiamo di una foresta immaginaria sublimato all’ennesima potenza nel momento dell’estasi totale. Era l’11 luglio 1982, esattamente 37 anni fa, il che rende ogni anniversario un giorno in cui chi c’era non può fare altro che fermarsi un attimo, escludersi delle occupazioni classiche e tornare con la memoria al posto esatto in cui si trovava quella sera, allo sfarfallio che sentiva nello stomaco e in tutto l’apparato digerente, alla piccola o grande follia messa in atto subito dopo quel momento pazzesco e indimenticabile.
L’Italia non vinceva da una vita, dal 1938. Era andata vicina al trionfo nel 1970 quando era incappata in un certo Pelè, si era illusa nel 1978 con un gruppo che conteneva molto del potenziale che poi ci portò a quel Mondiale straordinario. Nessuno si aspettava di arrivare anche solo vicino a un traguardo del genere. Alla vigilia ci si chiedeva se non fosse il caso di restare a casa. Un clima rappresentato da queste righe contenute nel libro “Football City Guide Madrid”: “Presentimenti di spettacolo zero. Qualche schizzo di adrenalina nelle partitelle di allenamento, tutto il resto era noia. Voglia di finirla alla svelta in quel ritiro galiziano, in quell’hotel di Pontevedra che gli azzurri chiamavano “il carcere”, ma dove almeno arrivavano un po’ attutite le bordate dei giornali italiani che invitavano Bearzot a vergognarsi di quello che stava facendo. Eppur qualcosa si muoveva sotto quella cupola di atarassia apparente e incipiente. C’era l’anima del Vecio, di quel commissario tecnico che con uno sguardo e due parole riusciva a trasformare l’acqua in vino o un brocco in campione. Schizzi di veleno addosso alla maglia azzurra, fuoco amico anche dai vertici pallonari, un’amichevole da disperarsi a Braga risolta da una furbata di Ciccio Graziani. E poi insulti, insulti, insulti”.
Chi non c’era non può capire ed è un vero peccato. Bello anche il Mondiale del 2006, vincere è sempre bello, ma gli eroi del Bernabeu avevano un bagaglio di fascino e di carisma difficili da raccontare a parole. Cementati da un uomo-mito come Enzo Bearzot, capaci di isolarsi da tutto e da tutti con il silenzio-stampa più famoso della storia. Anche per la scelta del portavoce, Dino Zoff, uno che quando faceva il calciatore diceva una parola all’anno ed era perfettamente in grado di mettere in atto un silenzio stampa parlato. Gli altri parlavano con i fatti, un giovanissimo Bergomi annullava qualunque attaccante avversario, Gentile aveva fermato Zico e Maradona usando le cattive più che le buone, il compianto Scirea dava lezioni di calcio e di classe comandando la difesa da dietro, in mezzo al campo Tardelli, Marini e Oriali univano qualità e quantità, Cabrini li aiutava salendo costantemente sulla sinistra. Fino alla semifinale Antognoni inventava calcio insieme a Bruno Conti, poi dovette saltare la finale. Davanti c’era un Re Mida di nome Paolo Rossi, che trasformava in oro tutto quello che toccava, accanto a lui Ciccio Graziani che correva per tre e che nella finale dovette arrendersi a una spalla lussata lasciando il posto a Spillo Altobelli che andò a firmare uno dei tre gol di quella serata magica.
Rivedere quei volti significa ancora emozionarsi, anche se il tempo è passato e ha lasciato qualche traccia. Tra i trionfatori del Bernabeu, la professione più diffusa è quella del commentatore televisivo e radiofonico, attualmente esercitata da Bergomi, Collovati, Marco Tardelli, Altobelli (che lavora per Al-Jazeera), Ciccio Graziani, Paolo Rossi e Giovanni Galli. Nel curriculum di Tardelli (che è stato un anno quasi intero all’Inter) e Gentile (quest’ultimo attualmente disoccupato) c’è un’esperienza importante alla guida dell’Under 21 azzurra. Il più titolato come allenatore è sicuramente Dino Zoff, che ha guidato la Juventus e la Lazio (di cui è stato anche presidente) prima di ritirarsi. Meno fortuna in panchina hanno avuto Cabrini (che ha guidato anche la Nazionale Femminile), Vierchowod, Selvaggi e Dossena, mentre Ivano Bordon per molti anni ha svolto con passione la sua professione di allenatore dei portieri. Giampiero Marini ha vinto una Coppa Uefa nel 1994 da allenatore dell’Inter, poi ha deciso di fare tutt’altro: da anni si occupa di Borsa e di operazioni immobiliari. Attualmente occupati a tutti gli effetti sono Baresi e Massaro (fanno parte dell’organigramma del Milan), Antognoni (dirigente della Fiorentina).Oriali (appena ritornato all’Inter) e Bruno Conti (dirigente del settore giovanile della Roma).
Se ripensando a quel meraviglioso Mondiale si sente una lacrima scorrere sul viso, molte di più ne scorrono ripensando a Gaetano Scirea, l’esempio degli esempi, il difensore più elegante e corretto della storia del calcio. Gaetano era ovunque, usciva dalla sua area palla al piede e dopo un secondo era al limite dell’area avversaria per confezionare un assist. Era ovunque e ora purtroppo è solo nei pensieri di chi l’ha conosciuto e ammirato, perché una stradaccia polacca se l’è portato via nel 1989 mentre stava andando a “spiare” un’avversaria di Coppa. Non c’è più ma c’è ancora, immortale come quell’impresa che nessuno aspettava e che solo chi c’era può capire.