Il difensore dell'Inter si confessa al Corriere della Sera: "La sentenza è stata una liberazione, ma grandissimo accanimento verso di me"
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Francesco Acerbi rompe il silenzio e parla a cuore aperto al Corriere della Sera. Nell'intervista esclusiva, il difensore dell'Inter, dopo l'assoluzione del Giudice Sportivo, rivela che la sentenza "è stata una liberazione anche se tutta la situazione che si è creata mi ha intristito". Le frasi sconvenienti a Juan Jesus vengono ancora smentite: "Non sono mai stato razzista. Il mio idolo era George Weah, fu uno dei primi a chiamarmi quando mi fu trovato un tumore".
E' un Acerbi ancora disorientato e lo si capisce dalle prime parole raccolte da Monica Colombo e Paolo Tomaselli: "Abbiamo perso tutti, sono triste e dispiaciuto. Dopo la mia assoluzione di martedì scorso, le persone attorno a me hanno reagito come se fossi uscito dopo dieci anni di galera". "Ora che c'è la sentenza- continua il difensore- vorrei dire la mia: non ho nulla contro Juan Jesus e sono dispiaciuto anche per lui. Ma non si può dare del razzista a una persona per una parola malintesa nella concitazione di gioco".
C'è anche molta amarezza: "Ho percepito un grandissimo accanimento, come se avessi ammazzato qualcuno. Si sta umiliando una persona, massacrando anche la sua famiglia".
Che la vicenda l'abbia segnato, lo si capisce da una clamorosa affermazione: "La malattia che ho affrontato è stata una passeggiata in confronto a questa vicenda, non ho avuto paura a quei tempi. Tutti avevano già emesso la loro sentenza. E per tanti sono ancora un razzista, non ci sto". Nessuna preoccupazione per la reazione dei tifosi di altre squadre e una certezza: "Se e quando arriverà la seconda stella potrò esserci. E a testa alta".