Finale di Europa League meritata e tutta da giocare contro l'imbattibile Leverkusen. Senza dimenticare Coppa Italia e posto Champions
di Stefano FioreL'Atalanta è in finale di Europa League: sì, è una cosa ormai chiara dall'inizio della ripresa del match con il Marsiglia, dopo lo splendido 2-0 di Ruggeri, ma è bello ripeterlo ancora perché, sebbene sia sin troppo inflazionato - ma non del tutto sbagliato - descrivere l'impresa bergamasca come una favola, è in realtà il frutto di lavoro tecnico, programmazione della società e qualità della rosa. In sintesi, è un traguardo meritato e il fatto di poter andare a giocarsela a Dublino contro un avversario come il Bayer Leverkusen campione di Germania e imbattuto da 49 partite, lo testimonia una volta in più. Saranno novanta minuti molto intensi quelli contro i tedeschi ma per nulla scontati, anzi.
La sensazione che i nerazzurri potessero finalmente andare oltre una semifinale europea, ultima volta Coppa delle Coppe 1987/88 con Mondonico in panchina, c'era sin dall'andata a Marsiglia quando l'1-1 finale non aveva rispecchiato del tutto l'andamento della partita, cosa che invece è successa ieri a Bergamo: 3-0 rotondo, con l'Olympique raramente pericoloso anche per via del 3-5-2 piuttosto cauto proposto da Gasset. Tutto il contrario delle scelte di Gasperini, che ha voluto andare sino in fondo con le proprie convinzioni, tenendo de Roon in difesa e Koopmeiners a centrocampo, schierando tre punte vere e facendo esaltare il Gewiss Stadium.
Una Atalanta bella, forse non la più bella del ciclo del Gasp (ricordate Gomez e Ilicic?), ma una Atalanta con meno difetti. Più quadrata, più solida, più capace di restare sempre nel match ma non per questo meno intensa e fisica, sostanzialmente la ciliegina sulla torta del tecnico di Grugliasco. Parole così, di solito, si riservano a chi non può fare di più, alla fine di uno splendido ciclo. E forse non è un caso che Gasp sia cercato dal Napoli e gli stessi Percassi non abbiano del tutto escluso la possibilità di una separazione a fine stagione.
Ma parlare di futuro adesso sarebbe ingeneroso tanto quanto prematuro perché la Dea ha un finale di stagione esaltante da vivere: quattro partite di campionato da giocare (a proposito, il recupero con la Fiorentina slitterà per forza dopo la fine della Serie A) per inseguire la Champions League, la finale di Europa League che potrebbe ugualmente portare in dote la qualificazione Champions e pure la finale di Coppa Italia contro la Juventus. Insomma, con due trofei e un posto Champions l'eventuale separazione sarebbe la più dolce possibile: impossibile che la società, così come Gasp, non ci abbiano mai fatto un pensierino ma ora come ora è solo giusto festeggiare, ritrovare la concentrazione e vivere altri 23 giorni al top.