Gasperini dopo l’Empoli ha parlato di obiettivo raggiunto, ma i numeri sono da Grande e lo scudetto non è più solo un sogno
di Roberto CiarapicaNel dopo Atalanta-Empoli, Gasperini ride, scherza, tiene a distanza la parola più seria (scudetto), addirittura parla di “premio salvezza garantito”. È una battuta, d’accordo. Ma la storiella della favola di provincia, della Dea che sa fare miracoli (ma solo qualche volta) non è più realistica, e rischia di diventare un limite. Da ieri, ma anche da prima, l'Atalanta è ormai ufficialmente una Grande del nostro campionato, e sentire Gasperini fare battute sulla salvezza raggiunta suona male… un po' come se lo facessero Inzaghi o Conte.
Undici successi di fila (come l'Inter scudettata del 2021, o come il Napoli del 2023) sono la prova che i nerazzurri hanno imparato a vincere in tutti i modi (ecco la prima caratteristica di una Grande) e che la rosa è sconfinata: manca De Roon e gioca Pasalic, esce Retegui ed entra Zaniolo, va fuori Lookman arriva Samardzic, è stanco Bellanova, al suo posto c’è Cuadrado.
Proprio come una Grande, l'Atalanta sa far gol in ogni modo: da lontano o con le imbucate, di testa (è prima per gol segnati dal cielo: 9) o con una giocata di un campione. A proposito: da ieri Gasperini ha la certezza di averne trovato un altro, dopo Lookman: con la doppietta all'Empoli, De Ketelaere sale a 10 gol e 9 assist in stagione... un mostro!
Al di là della qualità dei singoli (e della rosa tutta), a Bergamo (grazie alla vittoria della scorsa Europa League) sta cambiando la mentalità. Nella precedente era Gasperini, una partita come quella di ieri l'Atalanta l'avrebbe pareggiata, o persa. Con 126 gol segnati nell'anno solare, il gioco nerazzurro ha unito all’estetica la concretezza: 13 partite vinte su 17 in serie A (è un record europeo). Insomma, sono numeri da scudetto per un piccolo club diventato Grande, per una Dea scesa in terra e ora chiamata all'ultimo “miracolo”: trasformare l’umiltà in consapevolezza.