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L'INTERVISTA

Gasperini: "Ho pensato di andare al Napoli, Zaniolo? Me l'ha suggerito Boriello"

Il tecnico nerazzurro ha parlato del passato e del futuro: "Ci sono stati alcuni momenti in cui ho pensato di lasciare l’Atalanta, poi hanno prevalso Bergamo, la sua gente e tutto quello che si porta dietro"

13 Lug 2024 - 11:05

Ripartiamo da qui, dalle parole di Gian Piero Gasperini dopo l'impresa dell'Atalanta in Europa League e l'indecisione sul suo futuro: "È come se avessi una moglie e tre figli e avessi trovato una donna bellissima". Questo uno dei commenti a caldo dopo aver alzato la coppa. La scelta fatta la conosciamo, è ancora l'allenatore della Dea, ma in una lunga intervista al Corriere dello Sport ha raccontato il retroscena di quest'episodio, la chiamata del Napoli e molto altro. 

"Napoli? Ci ho pensato, sì. Ci sono stati alcuni momenti della stagione in cui ho creduto che fosse arrivata l’ora di lasciare l’Atalanta. Ma volevo lasciarla bene, senza polemiche, senza una delusione. Abbiamo vinto e alla fine hanno prevalso Bergamo, la sua gente e tutto quello che si porta dietro. A Napoli ora c’è Conte, i tifosi non possono provare dispiacere", queste le parole del tecnico nerazzurro che spiegano l'indecisione avuta al termine della scorsa stagione e il pensiero di lasciare la panchina che ricopre dal 2016. Un periodo lungo, ma d'altronde per Gasperini non è una novità, in qualsiasi squadra sia stato non è mai rimasto per poco tempo (sia da giocatore che da allenatore): nove anni nelle giovanili della Juve, tre al Crotone, sette al Genoa anche se non di fila, il resto è storia recente. Insomma, quando sposa un progetto non è solito abbandonarlo e lo spiega così: "Resisto. Non mi muovo anche perché trovo ambienti talmente buoni da scoraggiare la partenza. Che tipo di allenatore sono? Uno che copia. Io osservo, prendo appunti, poi magari non ripeto, ma sono attento a tutto e tutti. Incazzoso? Boh, non sempre. Come ho già chiarito, sono stronzo con gli stronzi e buono con i buoni. Ecco, non sopporto i soprusi, le ingiustizie. Sono poco diplomatico", ha concluso.

A proposito di ingiustizie e soprusi è ormai noto che il tecnico della Dea combatta queste battaglie ormai da tempo, soprattutto per quanto riguarda la simulazione: "Un'altra cosa che mi fa andare fuori di testa. La simulazione eclatante, il giocatore che si tuffa senza essere stato nemmeno toccato mi fa incazzare di brutto. Questo è barare, il simulatore bara", e proprio su questo argomento Gasperini aveva apertamente criticato alcuni calciatori, tra cui Federico Chiesa e Ciro Immobile: "Le mie non furono proteste contro la persona. Se un giocatore induce l’avversario al fallo, si parla di abilità. Assai diverso se cade per un respiro. Lo trovo gravissimo. E se un arbitro di campo non sa valutare l’entità di un contatto è meglio che cambi mestiere. Il calcio senza contatto diventa brutto. Brutto come quello dei passaggi sistematici al portiere. L’Ifab dovrebbe fare qualcosa per evitare questa idiozia, una perversione. Oggi il giocatore che tocca più palloni con i piedi è il portiere - ha spiegato - il gioco speculativo lo trovo orribile. Il calcio non è all’indietro, ma portato in avanti, verso la porta avversaria. Ed è di contrasti. Il contrasto fatto bene è un gesto tecnico bellissimo. L’intervento in ritardo è altra cosa e va punito con severità". Ha poi aggiunto: "Mi stanno rovinando il gioco del calcio. Sui contatti e i falli di mano non si capisce più nulla. Troppe interpretazioni dissimili e notevoli diversità tra il campo nazionale e quello internazionale. In Serie A e nelle coppe europee si giocano due differenti sport. Prendi l’Europeo, il Var è intervenuto pochissime volte, mentre da noi arbitra spesso. Le decisioni del Var vanno disciplinate una volta per tutte".

Un Europeo disastroso per la nostra nazionale, per Gasperini è mancata la squadra "Spalletti non è riuscito a trasmettere certi principi, le ragioni può conoscerle soltanto lui. L’Italia era scarica, svuotata. La delusione principale è stata questa, perché le nostre nazionali si sono sempre distinte per solidità, senso del gruppo", ha sottolineato. "Non abbiamo mai avuto i Pelé, i Maradona, i Cruijff, i Messi, però gli ottimi giocatori non sono mancati. I nostri Palloni d’oro si chiamano Rivera, Rossi, Baggio, nel 2006 l’hanno dato a un difensore, Cannavaro, in quella squadra c’erano Iaquinta, Camoranesi, Gilardino, Oddo, Grosso, Perrotta. Noi italiani siamo così, dopo una delusione butteremmo tutto a mare". Per lui la soluzione è quella di ripartire "dalla lezione subita e dai vivai. L’80 per cento dei giovani italiani gioca a calcio e se non riusciamo a farli crescere e a portarli in prima squadra è il sistema che è sbagliato". Infine ha parlato del futuro, buttando un occhio al mercato della sua Atalanta. Ha commentato così l'arrivo di Zaniolo, raccontando un simpatico retroscena sul suo arrivo: "È stato lui a scommettere su di noi. Mi piace come profilo. Un giorno telefona Borriello e mi fa: 'Mister, ho un giocatore che vuole venire da lei, uno forte, una bestia'. E io: 'Marco, chi è?'. 'Zaniolo'. 'Bravo, mi piace'. Ne ho parlato con D'Amico, poi con Percassi, questo ragazzo mi interessa, ed è arrivato".

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