L'ex difensore bianconero: "La ferita è aperta, ma ce l'ho con chi mi mise fuori rosa e non con la società. Sogno di tornare da allenatore"
Leonardo Bonucci sta vivendo la prima estate senza calcio dopo aver annunciato il ritiro. Dopo Union Berlin e Fenerbahçe il difensore ha detto basta, ma nella sua carriera ha chiuso con una ferita che non si è ancora rimarginata: l'addio alla Juventus, più per le modalità che per la sostanza. "Me ne sono dovuto andare quasi scappando, è stata una manifestazione di forza di un singolo che non meritavo". Il riferimento, pur senza nominarlo, è all'ex tecnico bianconero Massimiliano Allegri: "Non so darmi una spiegazione ancora oggi, ma è stato solo un gioco di potere".
Anche oggi che il calcio giocato è ormai un ricordo, Bonucci ha voluto tornare indietro di qualche mese: "E' una ferita che rimane perché quando dai tanto, ti aspetti tanto. La Juventus mi ha dato molto - ha raccontanto al Bsmnt -, ma chiudere in questa maniera è stato un duro colpo che non mi sarei aspettato. Mi fa male. Altri giocatori che hanno fatto meno ricevono il giusto tributo, io sono dovuto andare via quasi scappando. Mi avessero detto che era finita l'avrei accettato, invece mi dissero che non ero più una priorità ma che la mia presenza nel gruppo sarebbe stata importante".
La motivazione per Bonucci è chiara e riconduce all'allora tecnico della Juventus: "E' stata la manifestazione di potere di un singolo. All'inizio mi sembrava uno scherzo, mi allenavo da solo, ma è stato tutto un gioco di potere. Il mio percorso alla Juventus però per me non è ancora terminato e sogno un giorno di tornare qui da allenatore, perché la società non era il problema di tutto. Fossi andato avanti nella battaglia legale avrei vinto, ma alla fine non era quello il problema. La rabbia era per chi mi aveva messo fuori rosa, non per la Juventus. Con Allegri però non ho avuto mezzo confronto in un mese e mezzo, come fossi un estraneo. Un confronto sarebbe stato il minimo".
Gli screzi tra Bonucci e Allegri ci furono anche in passato, quasi iconico è stato lo sgabello di Porto: "Tutto questo passa quasi come una vendetta per la scena in Portogallo, ma quello sgabello lo presi io - ha continuato l'ex difensore -. In realtà già nel 2017 dovevo essere messo fuori rosa, ma la società mediò con quella esclusione. Fu un episodio grave, ma sono situazioni che succedono sempre. Anche con Conte ho discusso, perché i momenti di alta tensione ci sono. Tutto nacque con Allegri perché dal campo urlavo di sostituire Marchisio perché era stanco e rientrava da un infortunio; il mister cambiò Rincon e gli urlai di sostituire Claudio perché non ce la faceva più. Non so se capì qualcosa di diverso".
Anche nei giorni successivi la sconfitta in finale di Champions a Cardiff in molti accusarono Bonucci di una lite all'intervallo: "Non è stato assolutamente così. Dissi solo a Dybala di giocare più libero perché aveva paura di prendere la seconda ammonizione. In molti articoli venni fatto passare come la pecora nera del gruppo, chiesi alla società di intervenire e mi dissero che non era il caso. Quell'episodio mi mandò su tutte le furie, il rapporto si incrinò".
Il trasferimento al Milan, durato un solo anno con tanto di gol ed esultanza allo Stadium in rossonero, è stato un altro episodio critico su cui Bonucci è tornato: "Non volevo essere un problema per lo spogliatoio, presi quella strada per non fare del male alla Juventus per tutto quello che era successo nei mesi precedenti. Mi conosco, sarei stato deleterio. Fu una scelta condivisa con allenatore e direttore sportivo, che mi hanno venduto a poco. L'esultanza? Non capisco chi non esulta contro la ex squadra. Se hanno deciso di venderti, non esultando non rispetti i tifosi della tua squadra e quella sera avevo ricevuto solo fischi e insulti. Non ho mai mancato di rispetto".