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La scomparsa del difensore tedesco ha per certi versi posto fine a un'epoca che vide il nostro campionato attirare i principali talenti del mondo calcistico
di Marco Cangelli© Getty Images
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C'era una volta l'Inter dei tedeschi, il Milan degli olandesi, la Juventus dei sovietici e il Napoli di Maradona. La Serie A era probabilmente il campionato più bello del mondo e tutti facevano carte false per giocarci, anche se il limite degli stranieri era fissato a tre. Usiamo il passato perché quell'epoca a cavallo fra gli Anni Ottanta e Novanta si è spenta definitivamente con la scomparsa di Andreas Brehme, roccioso difensore nerazzurro spentosi all'età di 63 anni a Monaco di Baviera.
Lunghi capelli biondi, ma soprattutto un'eleganza che pochi terzini potevano sfoderare all'epoca, Brehme ha rappresentato l'epopea di quella squadra capace di vincere lo Scudetto nel 1989 con 58 punti conquistati su 68 a disposizione esaltando al massimo il calcio "trapattottiano", poco apprezzato all'epoca, ancor meno oggi dove lo spettacolo deve superare il risultato.
C'era quella Serie A dicevamo, perché l'addio di Brehme condurre in cassaforte un'epoca dove il difensore fluidificante poteva diventare una soluzione in più a una fase offensiva trascinata dal connazionale Jürgen Klinsmann e imbeccato puntualmente da quel terzino che in patria non aveva trovato fortuna a causa di una propensione all'attacco decisamente sottovalutata in terra di Germania. A ciò si aggiungeva un carattere decisamente "fumantino" che lo portò allo scontro con l'allenatore del Bayern Monaco Jupp Heynckes e alla conseguente cessione all'Inter per soli 1,8 miliardi di lire, una cifra decisamente ridotta per il titolare della Nazionale vice-campione del mondo.
Nessun problema per chi come Giovanni Trapattoni sapeva plasmare i propri giocatori secondo i propri dettami, capace di metter a punto una squadra decisamente più forte rispetto alle altre nonostante lì davanti ci fossero il Milan di Arrigo Sacchi, impegnato in Europa e costretto a far i conti con le energie già a ottobre, e il Napoli di Diego Armando Maradona, unica vera sfidante della Beneamata nella corsa al titolo. Oltre all'attacco, guidato da Aldo Serena e Ramon Diaz, la squadra poteva contare sulle "sgaloppate" di Brehme, la precisione di Lothar Matthäus (abile nel trovare un raccordo fra difesa e attacco, ma soprattutto velenoso su palla inattiva) e i voli di "Spiderman" Walter Zenga, destinato a togliere le ragnatele da una porta divenuta impenetrabile.
Come la Serie A più bella del mondo, una squadra come l'Inter non esistette più, scomparendo con l'avvento dei Mondiali di Italia 1990 vinta proprio dalla Germania di Brehme, Matthäus e Klinsmann, orchestrati alla perfezione da Franz Beckenbauer, ma soprattutto con i cambi regolamentari e quella tendenza al "calcio spettacolo" che aprì sì una nuova era, ma mise un punto su quell'interpretazione di questo sport che con Brehme oggi se ne va definitivamente.