Dalla fondazione di Gaetano Fichera fino al presente di Nainggolan e compagni, passando per lo straordinario scudetto del 1970
Il 30 maggio 1920 nasceva il Cagliari Football Club. Da quelle prime partite allo stadio Stallaggio Meloni sono passati esattamente cent’anni. Un secolo di storia rossoblù, che ha visto il suo apice 50 anni fa con il meraviglioso scudetto conquistato nel 1970, trascinato da Gigi Riva. Il Coronavirus non permette grandi festeggiamenti pubblici; tutto verrà celebrato sui social.
A quanto pare quest’anno al Cagliari piacciono molto le cifre tonde. Dopo avere celebrato non più tardi di un mese e mezzo fa i 50 anni dello scudetto, conquistato il 12 aprile 1970, questo 2020 si colora di altri festeggiamenti, perché proprio oggi ricorre un secolo esatto di storia rossoblù. Cent’anni che cominciano dalla fondazione a opera del chirurgo Gaetano Fichera e che partono dai campi dello Stallaggio Meloni a quelli dello stadio di via Pola (distante qualche decina di metri), teatro del primo tentativo di raggiungere la serie A, che fallì in uno spareggio promozione perso nella stagione 1953-54 contro la Pro Patria. Una maledizione, quella degli spareggi, per il Cagliari: Virdis e Piras, i gemelli del gol sardi, persero il treno per la A nel 1976-77. Vent’anni più tardi la retrocessione a Napoli, contro il Piacenza, in gara secca.
Ma le fortune sono state sempre superiori alle sfortune. Una su tutte: l’acquisto di Gigi Riva nell’estate del 1963. Quasi per una serie di coincidenze, il vicepresidente Arrica e l’allenatore dell’epoca, Arturo Silvestri, trovarono questo giocatore molto promettente del Legnano, squadra lombarda allora in Serie C. “Rombo di tuono” esplose nel finale di campionato di B nella sua prima stagione in rossoblù e il Cagliari conquistò per la prima volta la serie A. Sembrava il massimo per la Sardegna. Una toccata e fuga, diceva la classifica di andata del campionato 1964-65, finita con il Cagliari ultimo. E invece quella squadra terminò sesta alle spalle delle big. Anche quello sembrava l’apice.
Tuttavia nella seconda metà degli anni Sessanta, il Cagliari stava costruendo una meravigliosa squadra che vedeva protagonisti, oltre a Riva, anche Enrico Albertosi, Comunardo Niccolai, Angelo Domenghini, Nenè, Sergio Gori. L’ascesa dei sardi, iniziata con Silvestri come allenatore e proseguita dal 1966 in poi con Manlio Scopigno, soprannominato “il filosofo”, vide nel 1968-69 arrivare il platonico titolo di campione di inverno. Senza successo finale, però, perché il tricolore lo vinse la Fiorentina. L’anno dopo, invece, il Cagliari lo scudetto lo vinse davvero. E che scudetto. Battendo anche il record in difesa, con soli undici gol subiti: mai nessuno è riuscito a fare meglio. Era un Cagliari dei miracoli: per poco, sei undicesimi di quella squadra non riuscirono a vincere anche il Mondiale, sconfitti solo in finale dal Brasile di Pelè.
Alla quinta giornata di quello straordinario campionato, proprio una vittoria a Firenze fece capire ai giocatori del Cagliari che avrebbero potuto vincere lo scudetto: consapevolezza che rimase tale anche quando, a metà stagione, il difensore titolare Giuseppe Tomasini si ruppe il ginocchio, terminando in anticipo il campionato, o quando Scopigno venne squalificato per il resto della stagione dopo un litigio con un guardalinee a Palermo. A marzo, con il Cagliari primo in classifica, ci fu lo scontro diretto a Torino contro la Juventus (che aveva tentato più volte di comprare Riva, senza mai riuscirci), seconda a due punti di distanza. Dopo un’autorete di Niccolai, non a caso conosciuto come il “re dell’autogol”, e il successivo pareggio di Riva, nel secondo tempo Concetto Lo Bello fischiò un rigore alla Juventus: il penalty fu sbagliato dalla Juventus, ma l’arbitro decise di farlo calciare nuovamente per irregolarità nella battuta; alla seconda possibilità i bianconeri segnarono con Anastasi. Pochi minuti dopo, però, lo stesso Lo Bello assegnò anche un rigore a favore del Cagliari per una trattenuta in area ai danni di Riva, che segnò, pareggiando definitivamente i conti.
Dal 2-2 di Torino, il Cagliari conservò il primo posto in classifica fino alla terzultima giornata, il 12 aprile 1970: con la vittoria in casa contro il Bari, allo stadio Amsicora, divenne la prima squadra isolana e del meridione d’Italia a vincere lo scudetto. Gianni Brera, lo stesso che aveva dato a Riva il soprannome “Rombo di tuono”, scriverà in seguito: “Lo scudetto del Cagliari rappresentò il vero ingresso della Sardegna in Italia. Fu l’evento che sancì l’inserimento definitivo della Sardegna nella storia del costume italiano. La Sardegna aveva bisogno di una grande affermazione e l’ha avuta con il calcio, battendo gli squadroni di Milano e Torino, tradizionalmente le capitali del football italiano. Lo Scudetto le ha permesso di liberarsi da antichi complessi di inferiorità ed è stata un’impresa positiva, un evento gioioso”.
Il declino rossoblù arrivò dopo l’infortunio di Riva in Nazionale contro l’Austria e nella stagione 1975-76 il Cagliari precipitò in B. Riva finì anche nelle figurine della serie cadetta della stagione successiva, ma in campo non ci tornò mai più. L’addio, dopo qualche tiro in porta insieme ai bambini della sua scuola calcio nello sterrato delle Saline, lo diede nell’aprile del ’77.
Poi, per il Cagliari. il ritorno tra le big del 1979, la retrocessione dell’83. E la caduta sino alla C. A salvare la società dal fallimento fu indirettamente Diego Armando Maradona; con l’ausilio di Luigi Piras, autore del gol che eliminò dalla Coppa Italia ’86 la Juventus e che consentì al Cagliari di giocare la semifinale con il Napoli del Pibe de Oro. Fu quell’incasso, ama ricordare Piras, a tenere finanziariamente a galla il Cagliari. Poi la rinascita con Claudio Ranieri, l’era Cellino, il ritorno in Europa con Mazzone e Francescoli e la semifinale di Uefa con l’Inter. Ancora alti in A e bassi in B. Fino al ritorno nella massima serie con Gianfranco Zola nel 2003-2004. Sei anni fa l’acquisto del club da parte di Tommaso Giulini e, fino a qualche mese fa, di nuovo il profumo d’Europa.