"Il calcio non è mai un percorso lineare, ma ci sono degli alti e dei bassi. In Premier intensità altissima"
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Riccardo Calafiori ha raccontato in un'intervista esclusiva realizzata in collaborazione tra Undici e Cronache di Spogliatoio il suo percorso fino all'Arsenal e alla Nazionale. "Sicuramente non è stato facile. Ma è partito tutto da me. L'ho vissuta come una sfida personale, era quello che volevo dimostrare a me e a tutti: poter stare ad ogni livello - ha spiegato l'ex difensore del Bologna -. Però non è stato un caso, ci sono arrivato col lavoro, e c'è ancora tanto da fare, perché il calcio non è mai un percorso lineare, ma ci sono degli alti e dei bassi".
"E proprio i bassi sono i momenti ancora più importanti da gestire", ha aggiunto Calafiori approfondendo poi il discorso. "Mi sono fatto aiutare. Da inizio anno fino a dicembre/gennaio stavo facendo molto bene, non avevo sbagliato ancora nessuna partita - ha raccontato -. Poi il clic è arrivato dopo una brutta partita a Cagliari, quando abbiamo perso 2-1: per colpa mia prendemmo il primo gol e poi feci addirittura un autogol". "Da lì ho deciso che dovevo parlare con qualcuno e lavorarci - ha continuato -. Insieme al mental coach abbiamo messo degli obiettivi: fino a gennaio stavo facendo molto bene, però mancavo a livello di gol e assist, anche se sono un difensore. Da lì in poi ho fatto cinque assist e due gol, penso non sia stato un caso".
Poi qualche considerazione sul ruolo in campo e sulla sua duttilità tattica. "Thiago Motta e poi Spalletti e Arteta, mi hanno cambiato tanto, in termini di visione della partita, di spazi da occupare, di tutto - ha spiegato Calafiori -. Ma penso anche che di difensori con caratteristiche migliori delle mie ce ne sono tanti, per questo lavoro così tanto fuori dal campo e forse questo fa la differenza". "Ma ci sono tante cose che non so ancora fare. Tra queste c'è la voglia di imparare a giocare in più ruoli possibile - ha aggiunto -. Per adesso sento di saperne fare due, vorrei impararne anche un terzo: il centrocampista. È un ruolo che mi ha sempre appassionato".
Quanto all'addio alla Roma poi Calafiori ha le idee molto chiare. "Al momento ci sono rimasto male. Però non ho mai avuto rancore verso la Roma - ha raccontato -. Credo che non sia facile prevedere il futuro di un ragazzo così giovane. E poi una società deve fare delle scelte, soprattutto se ha tanti ragazzi in quel ruolo. La Roma ovviamente è stata una parte grande e importante della mia vita e carriera, e penso solo cose positive ancora adesso".
Poi qualche battuta su Italia-Spagna agli Europei. "È la partita che porto più nel cuore, che non mi dimenticherò mai. Sarà per sempre una delle mie più grandi soddisfazioni - ha detto il difensore -. Proprio per il modo in cui ho reagito dopo l'autogol: forse ho giocato meglio dopo che prima. È stato l'apice di quel percorso che avevo cominciato già da tempo, sicuramente il Riccardo di 7-8 mesi prima non avrebbe reagito così".
Dopo la Serie A poi è arrivato l'Arsenal e Calafiori ha scoperto Arteta. "La prima cosa che mi viene in mente è l'organizzazione, quanto tengono a ogni giocatore sotto tutti i punti di vista, sia in campo che soprattutto fuori dal campo - ha spiegato -. Per quanto riguarda Arteta, mi ha impressionato fin da subito di lui quanto ci tenesse a me, a conoscermi". "Un giorno al telefono mi ha mandato delle foto della mia famiglia e mi ha chiesto di dire cosa significasse per me ogni membro della famiglia - ha raccontato Calafiori -. Non mi era mai capitato nulla del genere prima, non dico che mi ha convinto solo con questo, ma sicuramente ha rappresentato un momento importante".
Infine qualche considerazione sull'impatto con la Premier League. "Come campionato è completamente diverso rispetto alla Serie A. Nelle partite di Premier le squadre vanno tutte allo stesso modo, a duemila di intensità, è come se giocassero in una bolla. È proprio un discorso di mentalità, di modo di giocare, non esiste controllare la partita, esiste solo fare un gol più dell'altro", ha concluso Calafiori.