Il brasiliano è stato condannato a 9 anni di detenzione per uno stupro di gruppo avvenuto nel 2013 in una discoteca di Milano
Dopo un anno di prigione, Robinho prova a chiedere di nuovo la scarcerazione. La plenaria della Corte suprema del Brasile ha aperto il processo sul ricorso presentato dalla difesa del 41enne Robinho (Robson de Souza), per ottenere la scarcerazione dell'ex calciatore, condannato per stupro in Italia e attualmente detenuto in un carcere nello stato di San Paolo.
L'ex attaccante della nazionale brasiliana e del Milan è stato condannato in Italia a nove anni di prigione per abuso sessuale di gruppo: un episodio avvenuto in una discoteca di Milano nel 2013. La vittima era "incosciente" a causa dell'abuso di alcol. Robinho e i cinque complici hanno sempre affermato che la vittima era consenziente e il rapporto consensuale. I legali chiedono di sospendere la pena che l'atleta sta scontando già dal marzo 2024, nel penitenziario di Tremembé. Nel novembre scorso la Corte aveva già respinto un'altra richiesta di libertà. Nelle mozioni di chiarimento che inizieranno a essere analizzate questo venerdì, la difesa sostiene che nel 2024 i giudici hanno omesso di pronunciarsi sull'habeas corpus, ovvero sulla detenzione ingiustificata del calciatore. L'obiettivo dei legali del calciatore è provare a ridurre la condanna da nove a sei anni, in modo da poter richiedere il regime di semilibertà.
Robinho sta scontando la sua pena in Brasile nonostante la condanna sia arrivata in Italia: la legge del Paese sudamericano non prevede l’estradizione dei suoi cittadini all’estero, ma consente che un brasiliano condannato in un'altra nazione possa scontare la pena in patria. Se i ricorsi continueranno a essere respinti, la detenzione dell'ex Milan finirà nel 2027.