Il tecnico rossonero ad 'AS': "La rimonta nel derby e la vittoria sulla sirena contro la Lazio le due gare chiave"
Stefano Pioli ha rilasciato una lunga intervista ad AS, in cui ha ripercorso la fantastica cavalcata scudetto. "Ci abbiamo sempre creduto, sono state due le partite chiave. La rimonta nel derby e la vittoria sulla sirena contro la Lazio. Aver vinto le ultime sei partite, pur con il peggior calendario, ha dimostrato la nostra forza mentale". Su Theo Hernandez: "E' come l'ira di Dio, ha una forza e una determinazione incredibili. Quest'anno è diventato un giocatore più completo". Su Asensio: "È un grande giocatore, ma è del Madrid e sono troppo contento dei miei giocatori per parlare degli altri". Ora il prossimo step in Champions League. "Sì, sicuramente. Le partite di quest'anno ci hanno insegnato molto e, inoltre, saremo in fascia 1. Siamo cresciuti in valore ed esperienza, giocheremo questa competizione con l'idea di qualificarci".
Sul fatto che il suo lavoro non sia stato apprezzato in precedenza. "Nel calcio è normale. Mi sono sempre sentito apprezzato dove ho lavorato, cercando di lasciare tutto meglio di come l'ho trovato. Ora che sono elogiato dopo lo scudetto fa parte del gioco. Ma è così, o sei bravissimo, o pessimo... - ha aggiunto Pioli - Le etichette non mi interessano, ogni allenatore ha le sue idee. Sabato vedremo una finale con due grandi allenatori, ma con idee diverse. Ci sono molti modi, ma la soluzione migliore è sempre quella che mette a proprio agio i tuoi giocatori. Sono loro che fanno la differenza".
L'allenatore rossonero saluta e ringrazia Kessie. "È un ragazzo che ha dimostrato di essere un grande giocatore e una grande persona, lavorando sempre con il sorriso. Spero che vada tutto bene per lui, al Barça o ovunque, tranne se ci incontriamo in Champions League. Spero di batterlo lì (ride, ndr).
Uno scudetto costruito partendo dai giovani. "L'idea del club era quella e c'era un enorme sostegno per il nostro lavoro. Sanno che se si lavora con i giovani ci vuole tempo, ma siamo arrivati a questo risultato perché persone come Zlatan, Giroud, Maignan e Florenzi erano un riferimento per i più giovani. C'era un mix perfetto, empatia tra tutti, e questo ci ha fatto dare più del 100%".