Il tempo stringe: guarigione e ripresa atletica mettono in dubbio la presenza di Big Rom in Qatar
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L'Inter ha già dato arrivederci a Lukaku al 2023, il Belgio spera di averlo al Mondiale, senza certezze e con timori crescenti. Roberto Martinez, ct della nazionale belga, diramerà tra dieci giorni la lista dei convocati: primo appuntamento il 23 novembre contro il Canada, a seguire il Marocco il 27 e poi la Croazia il primo dicembre. La speranza è riposta sul secondo match, nessuno al momento però si sbilancia. Lukaku ieri è tornato in patria d'accordo con l'Inter per mettersi a disposizione dello staff medico del Belgio: nel fine settimana o a inizio della prossima verranno effettuati nuovi esami diagnostici per capire la reale entità del risentimento alla cicatrice miotendinea del bicipite femorale sinistro che ha nuovamente stoppato l'attaccante nerazzurro. Anche nella migliore delle ipotesi - che non si tratti cioè di qualcosa di più, di una vera e propria nuova lesione - va da sé che Big Rom ha già dovuto saltare un'altra settimana di allenamenti e prima di riprendere a lavorare con intensità dovranno inevitabilmente passare diversi altri giorni. Un problema per chiunque, una tegola per chi è in pratica fermo da fine agosto. Gli scampoli di partita prima contro il Viktoria Plzen (dieci minuti) e poi contro la Sampdoria (venti minuti) avevano chiaramente mostrato quanto Lukaku fosse lontano da una condizione atletica ottimale. L'obiettivo, infatti, era quello di portarlo gradualmente in forma entro la chiusura di questa prima parte di campionato: il nuovo ko, proprio perché arrivato a interrompere il processo di crescita, pesa tuttavia non solo sul fisico ma anche sul morale, fattore non certo secondario. Il dispiacere e il disappunto di Lukaku per non aver potuto aiutare l'Inter in tutta questa prima parte di stagione (solo 256 minuti in campo, tredici partite saltate) rischiano ora di diventare qualcosa di più profondo in ottica Mondiale. Per ora, tuttavia, c'è una sola certezza: l'Inter riavrà Big Rom nel 2023. Per il Belgio, invece, è ancora tempo di (febbrile) attesa.