Inter, tutto facile in Moldavia
di Bruno Longhi
Usando il bilancino del farmacista possiamo definire positiva questa quarta giornata di Champions che ci lasciamo alle spalle. Nessuna sconfitta delle nostre, ed è un inedito, il che vuole dire che in Europa ci possiamo stare. Volendo guardare il bicchiere mezzo vuoto, è sicuramente il Milan la costante negativa. La partita col Porto doveva essere aggredita per evitare il ripetersi della bruttezza della gara del do Dragao. Dove la squadra di Conceicao aveva letteralmente soffocato i rossoneri.
Invece nel primo tempo il Milan non solo non ha alzato i ritmi, non ha aggredito, non ha pressato, ma ha lasciato aiole di campo a disposizione dei portoghesi che solo per la bravura di Tatarusanu non hanno chiuso il match. Nella ripresa i rossoneri hanno stretto gli spazi, hanno impedito al Porto di essere padrone del campo e sono stati premiati, anche se in maniera fortunosa, con il primo punto nel girone -ed era ora- che lascia aperta una piccola fessura di speranza per il futuro.
Ora la testa va al derby, ma in tutta sincerità, non è compito facile parametrare l’impegno del Milan a San Siro con quello dell’Inter a Tiraspol. Ci sono solo due elementi obiettivi che si possono mettere sul piatto della bilancia: i punti di distacco in classifica e i disagi del viaggio dalla Transnistria che i nerazzurri potrebbero pagare domenica. Non lo sforzo minimo profuso nella partita contro lo Sheriff, largamente dominata e gestita con intelligenza. La regia di Brozovic, il motoperpetuo di Barella, la disponibilità dei due cileni Vidal e Sanchez, la superiorità netta nel palleggio, nei tiri, nel possesso palla hanno permesso all’Inter di ritenere compiuta la missione secondo posto nel girone..
La Juventus, in chiara ed evidente controtendenza con i risultati poco edificanti in campionato, vola in Champions sospinta dal ritrovato smalto di Paulo Dybala. Quello della Joya, contro lo Zenit , è un film già visto che il popolo juventino smaniava da tempo di poter rivedere. Dybala è ritornato vestendo l’abito del leader, che Ronaldo gli aveva sottratto in virtù di un carisma oggettivamente superiore. Ma ora che il bulimico portoghese non c’è più, è tempo per lui e per la Juventus di guardare avanti. Con convinzione e ottimismo e con gli stimoli che non sono mai mancati nei big-match (anche di campionato) e che inducono a pensare -ed è quasi un ossimoro- che Allegri sia diventato più europeista che italianista.
Europeista, mi si passi il neologismo calcistico, è sicuramente l’Atalanta. E non da oggi, e nemmeno da ieri. La Dea, per mentalità e concetti tattici, se la può giocare con qualsiasi avversario. Purtroppo in una delle tante serate al limite del “clamoroso” ha dovuto rivedere nel finale del big-match con lo United i suoi progetti festaioli per colpa di Ronaldo che -due mesi dopo l’addio all’Italia- ha voluto ricordare a quelli dalla memoria corta quanto sia dannoso e pericoloso trovarselo di fronte da avversario. Cr7 lo si può anche non amare. Ma l’ammirazione nei confronti di ciò che produce a getto continuo è innegabilmente doverosa. E quel “vaffa” che Gasperini gli ha bonariamente sparato in faccia a fine partita vale più di qualsiasi attestato di merito.