I tanti infortunati e il poco cinismo alla base della crisi del Manchester City
di Andrea Ghislandi© Getty Images
La sconfitta contro lo Sporting Lisbona ha ufficialmente aperto la crisi del Manchester City. Dopo quelle con Tottenham in Carabao Cup e Bournemouth in Premier, in Champions è arrivato il terzo schiaffo consecutivo per Pep Guardiola, che non perdeva tre gare di fila dal 2018. Per il manager catalano è il momento più difficile delle ultime trionfali stagioni. "È una sfida dura, ma sono qui. Sarà una stagione dura, lo sapevamo fin dall'inizio. Ma è così. Mi piace, lo adoro, voglio affrontarla, sollevare i miei giocatori e provarci - ha detto nel post partita - Siamo in lizza in tutte le competizioni e andremo avanti. Non mi arrendo. Forse la gente se lo aspetta, ma io non mi arrendo".
Ma cosa è successo alla splendida macchina acchiappa-trofei costruita da Guardiola? Innanzitutto c'è la questione infortunati che è anche quella più preoccupante. Il gravissimo infortunio di Rodri è quello che pesa di più, perché lo spagnolo era l'autentico cervello della squadra, l'uomo che sapeva dare equilibrio a una squadra sempre votata all'attacco. Ma non il solo: dopo Bobb che si è gravemente infortunato a inizio stagione, i vari De Bruyne, Grealish, Ake, Foden, Doku, Walker, Stones e Ruben Dias sono finiti (e alcuni di loro ancora ci stanno) tutti in infermeria, riducendo all'osso la rosa e la possibilità di rotazioni, fondamentale nella gestione del gruppo del manager catalano. Guardiola, infatti, non ama una panchina troppo lunga (più giocatori, più scontenti il teorema) ma si è dimostrato un maestro nel gestire il gruppo sia dal punto di vista fisico che mentale. Giocando ogni tre giorni e avendo poche alternative, tanto che ieri come centrale ha giocato il 19enne Simpson-Pusey, Pep si ritrova una squadra probabilmente già stanca mentalmente e con poca benzina nelle gambe, visto che sono costretti a giocare sempre gli stessi, anche se acciaccati.
L'altro fattore che sta incidendo sul rendimento è la mancanza di cinismo in attacco. Mentre con gli Spurs erano scese in campo tanti giovani e riserve e il Bournemouth aveva giocato obiettivamente meglio, la gara con lo Sporting è emblematica: dopo aver sbloccato il risultato in appena 4', a parte un contropiede sprecato da Gyokeres, per 37 minuti il City ha preso a pallate i portoghesi, creando 5-6 occasioni chiarissime. Poi il pareggio dell'implacabile bomber svedese (con la complicità di Simpson-Pusey) ha minato le certezze della squadra, che a inizio ripresa è crollata nel giro di pochi minuti, annientata dalle veloci transizioni dei lusitani. Che poi fosse una serata no se n'è avuta definita conferma quando Haaland ha stampato sulla traversa il rigore del possibile 2-3.
"Devo provare a trovare una spiegazione. A volte è solo calcio. Dobbiamo accettarlo. La vita è questo, lo sport è questo. Tutti devono essere sempre migliori e troveremo la via per uscirne" le parole di Guardiola che è ora atteso dalla difficile trasferta di Brighton. Mai da quando è arrivato al City nel 2016 Pep ha perso 4 gare di fila. Ma è un momento così, che sta condividendo a distanza con Carlo Ancelotti, amico e rivale di tante battaglie: Per la serie: anche i ricchi piangono.