L'addio a un protagonista assoluto del giornalismo sportivo per almeno quattro decenni
di Andrea Cocchi© sportmediaset
Parafrasando una delle sue frasi celebri: "Sono notizie che non avremmo mai voluto dare". Se ne va anche Bruno Pizzul e ci lascia sempre più abbandonati in mezzo a post, reel, dogso, dissing e altre follie di un mondo che ha perso ogni senso della misura. Ha smesso di commentare la Nazionale e le partite più importanti nel 2002, poi ha continuato con il digitale terrestre nel 2005. Sembrava ormai superato ma la sua intonazione, la capacità di gestire le parole concedendosi le giuste pause e la variazione del ritmo della telecronaca, lo mettono sul podio dei più grandi telecronisti della storia del calcio.
La sua prima, nell'aprile del 1970, uno Juventus-Bologna di Coppa Italia sul neutro di Como, non è andata benissimo. E' arrivato in ritardo perché ha commesso l'errore di farsi accompagnare dal grande Beppe Viola. Arrivarono un quarto d'ora dopo il calcio d'inizio... Pensi a lui e ti vengono in mente partite di carte insieme a leggende come Gianni Brera, il Paron Rocco e discussioni sul catenaccio e i vini friulani. Qualche anno fa si era sparsa la voce che fosse morto mentre in realtà stava giocando a tressette in un bar vicino a casa con i soliti amici. E' stato giocatore, anche in Serie B e maestro di scuola, prima del concorso che lo ha portato in Rai. Dopo Martellini ha iniziato a diventare il primo telecronista della Tv di Stato. Il che significava il commento della Nazionale e delle partite più importanti delle Coppe europee. La sua voce ha accompagnato almeno un paio di generazioni, guidandole con naturalezza nello sviluppo delle azioni di gioco, senza la pretesa di diventare protagonista al posto di chi stava in campo. Non amava le seconde voci e lo ha sempre detto, anche se il feeling con Pecci e Bulgarelli, per esempio, riusciva a dare un senso di famigliarità ai telespettatori, mischiando il pathos a una piacevole sensazione di serenità domestica.
Ha iniziato a commentare la Nazionale dopo il 1982 e prima del 2006, perdendosi così la soddisfazione di accompagnare l'Italia al titolo mondiale. Ha dovuto raccontare sconfitte sanguinose ai rigori e golden gol fatali ma anche trionfi delle nostre squadre nelle Coppe. Ha saputo gestire una delle sfide più tremende per un telecronista, tenendo la linea a lungo dallo stadio Heysel mentre 39 persone perdevano la vita, le notizie arrivavano frammentarie e ogni singola parola andava gestita con una grandissima attenzione. Ha attraversato almeno 40 anni di calcio e della nostra vita. Si può solo dire che: "E' stato tutto molto bello".