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CALCIO FEMMINILE

Como Women, il presidente Verga: “Sogno la Champions ma la Federazione ci aiuti”

Il numero uno del club lariano chiede maggiori garanzie: “Al momento non si sa ancora quando verranno pagati i diritti televisivi o elargiti gli aiuti che la Federazione ha promesso per il professionismo”

di Alanews
02 Dic 2022 - 12:36
Il presidente del Como Women, Stefano Verga © Social

Il presidente del Como Women, Stefano Verga © Social

In pochi, tre anni fa, quando la squadra militava ancora in Serie C, avrebbero scommesso anche solo un euro. Eppure, oggi, il Como Women disputa il suo primo campionato di Serie A, riuscendo addirittura a tenere testa a squadre più blasonate come Juventus e Milan. Chi non ha mai avuto dubbi, invece, è Stefano Verga, presidente del club lariano, che nel giorno del suo insediamento aveva fatto una promessa ai propri tifosi: “Vi regalerò un sogno”.

E visto che sognare non costa nulla perché fermarsi? Ora l’obiettivo si chiama salvezza, domani, perché no, Champions League: “Quando vedo la Juventus in coppa mi chiedo ‘quanto sarebbe bello andare a giocare a Londra, Parigi o in giro per l'Europa?’”, ci racconta. 

Per riprendere le parole del compositore Franz Liszt, quando si scrive la storia di due amanti felici bisognerebbe collocarla sulle rive del Lago di Como e iniziarla con queste parole: "Sulle rive del lago di Como...". Oggi, "Sulle rive del lago di Como c'è una squadra che punta alle stelle", anche se gioca a…. Seregno!

Nel giro di soli tre anni il Como Women è passato dalla Serie C alla Serie A e nelle ultime due settimane ha fermato due corazzate come Milan e Juventus. Ci svela qual è il vostro segreto?

Il segreto del nostro successo risiede senza ombra di dubbio nell’avere uno staff molto preparato. Quando ho rilevato la società abbiamo deciso di partire da due figure chiave in qualsiasi progetto: il direttore sportivo e l'allenatore. Poi, intorno a loro, abbiamo costruito l’intero staff tecnico, a partire dai medici per arrivare al mental coach, che lavora anche con la Nazionale italiana. Un altro punto di forza è il gruppo: abbiamo tante calciatrici brave anche se ci manca una vera e propria stella. Potremmo dire che siamo una squadra buona con un gruppo ottimo e, spesso e volentieri, avere un gruppo buono e coeso porta più lontano che avere un gruppo con tante stelle ma spaccato al proprio interno.
Se guardiamo solo agli ultimi risultati è vero che abbiamo pareggiato con Milan, Juventus e Sassuolo, ma abbiamo anche perso di misura con Fiorentina, Sampdoria, Inter e Roma, facendo con tutte un’ottima figura. La squadra è cresciuta molto rispetto alle prime partite come testimonia l’1-1 contro la Juventus, dopo che all'andata avevamo perso 6-0… 

Come è nato l'amore per il calcio femminile? In passato lei è stato main sponsor e poi vicepresidente ma del Como maschile...

Sono stato main sponsor e vicepresidente del Como maschile quando la squadra stava attraversando un momento veramente difficile e, come cittadino comasco, ho deciso di provare a dare una mano a livello economico alla formazione della mia città. Successivamente la società è stata rilevata da un gruppo molto potente e ho deciso di farmi da parte anche perché non c'era più bisogno di me come vicepresidente. Proprio in quel periodo si stavano disputando i Mondiali di calcio femminile (in Francia nel 2019 ndr) e l’Italia stava ben figurando. Sull’onda dell’entusiasmo quando mi è stato proposto di acquistare il club femminile ho subito accettato.

Siete uno dei pochissimi club che non è affiliato a una società maschile. È più difficile riuscire ad avere successo nel calcio femminile senza poter contare sul supporto del movimento maschile?

Sicuramente non avere le spalle coperte da una società maschile rende tutto più difficile perché si hanno meno risorse economiche a disposizione. Per un club maschile la squadra femminile ha un costo irrisorio a bilancio. Per chi, invece, lavora solo nel femminile, soprattutto in Serie A, i costi di gestione pesano e non poco. Noi come Como Women siamo fortunati perché ci sono tante realtà e tante aziende della zona che si sono appassionate alla nostra squadra e che, con poco o tanto, ci sostengono per riuscire a coprire i costi.

Il vostro esordio in Serie A ha coinciso con il passaggio della massima serie al professionismo. Come si aspetta che possa crescere il movimento nei prossimi anni? Ha già notato qualche cambiamento?

Si vede che siamo all'inizio di un percorso importante. Faccio un esempio: nel calcio maschile ci sono le valorizzazioni per i calciatori che esordiscono in prima squadra e che arrivano dal settore giovanile, in quello femminile ancora non è così. Se si vuole far crescere il movimento sono necessarie delle condizioni tali per cui una società abbia dei benefici quando valorizza delle giovani calciatrici. Per far crescere il professionismo serve l'intervento deciso della Federazione, che deve garantire contributi concreti alle società.
È facile parlare di professionismo, poi, però, quando si presentano le scadenze mensili le cose si complicano. Al momento, non si sa ancora quando verranno pagati i diritti televisivi o quando verranno elargiti gli aiuti che la Federazione ha promesso per il professionismo. Siamo tutti in attesa, io per primo...

In passato ha affermato che il calcio maschile "è finito" e che quello femminile rappresenta lo sport del futuro. Cosa intendeva dire?

Il calcio femminile ha ancora dei costi gestibili, mentre quello maschile è ormai fuori controllo. Una calciatrice di Serie A ha un costo per la propria società infinitamente più basso di quello di un collega uomo che milita in Serie B. Sono tante le società maschili che si trovano ad avere dei buchi di bilancio che devono essere risanati dai presidenti. Noi, come Como Women, chiudiamo i nostri bilanci in attivo e abbiamo una gestione molto oculata. Personalmente gestisco la società di calcio esattamente come gestisco la mia azienda: se il guadagno è 100 spendo 95 e non 150, come invece avviene nel calcio maschile.

C'è una società italiana, maschile o femminile, a cui vi ispirate e che avete preso come modello?

Un esempio di buona gestione societaria è sicuramente l'Atalanta che con la presidenza Percassi ha sempre generato profitto tramite il calcio. Per quanto riguarda il femminile, invece, una società che sta lavorando molto bene è la Roma perché ho visto l'organizzazione e la crescita che ha avuto negli ultimi anni e mi sento di poter fare loro i miei complimenti. 

Quello dello Stadio è stato un tema molto dibattuto negli scorsi mesi. Giocate le vostre partite casalinghe al Ferruccio di Seregno, che dista quasi 40 km da Como. Pensa che ci sia la possibilità di avvicinarsi alla vostra città nelle prossime stagioni?

La nostra idea, se il sindaco e il comune di Seregno ce lo permetteranno, è di andare avanti a giocare a Seregno, al Ferruccio. Seregno è una città comoda da raggiungere per chi vive a Milano, in Brianza o a Como. La mia società lavora tanto con la Brianza e c'è tanta Brianza che viene a vedere le nostre partite, quindi sono contentissimo di poter giocare al Ferruccio e spero di poterlo fare anche nella prossima stagione.

A livello giovanile quali sono i vostri progetti? Come pensate di riuscire ad avvicinare sempre più giovani calciatrici alla vostra squadra?

Lavorare con i giovani e progettare su di loro è molto importante per qualsiasi società, ancor più nel femminile. Quest'anno il Como Women, oltre alla prima squadra e all’Under 19, ha anche i Pulcini, i Giovanissimi e gli Esordienti. Giovanissimi, Allievi e Primavera si trovano ai primi posti in classifica e sono molto soddisfatto. Abbiamo investito sulla qualità delle nostre tesserate e contiamo più di cento ragazze che militano nel nostro settore giovanile.

Da qui a cinque anni cosa si immagina per il Como Women?

Da qui a cinque anni è difficile immaginare quale possa essere lo scenario. Spero di andare in Champions League, non dico di vincere lo scudetto, ma di andare in Champions League sì. Vedere la Juventus giocare in Champions e pareggiare con l'Arsenal e poi vedere il mio Como ottenere lo stesso risultato contro le bianconere mi fa pensare: 'Perché noi non potremmo andare a giocare a Londra, Parigi o in giro per l'Europa?'. Sognare non costa nulla…

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