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CASO ULTRA'

Curva Inter, Beretta: "La morte di Belardinelli la scusa per iniziare a comandare"

Nuovi dettagli sull'interrogatorio dell'ex capo della Nord in relazione al controllo del tifo organizzato nerazzurro 

03 Gen 2025 - 11:49
 © instagram

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L'ex capo della Curva Nord dell'Inter Andrea Beretta continua a svelare nuovi retroscena e dettagli sulle dinamiche di potere, sugli affari illeciti degli ultrà nerazzurri e i rapporti tra tifo organizzato e criminalità. Secondo quanto riporta "Il Fatto Quotidiano", nel suo interrogatorio davanti agli inquirenti della Procura di Milano Beretta avrebbe fissato al 26 dicembre del 2018 l'inizio di tutto con la nascita del comitato della Nord e il via libera al patto ultrà-mafia successivo alla morte di Daniele Belardinelli, travolto e ucciso da una macchina durante gli scorsi fra interisti e supporter del Napoli.

Evento che ha sancito l'inizio di una nuova era per gli affari della Curva Nord, passati nelle mani del trio Beretta-Bellocco-Ferdico dopo l'omicidio di Vittorio Boiocchi. "La morte di Belardinelli è stata la scusa per cui dopo noi siamo entrati a comandare la Curva Nord", ha spiegato Beretta, oggi collaboratore di giustizia e imputato per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso e indagato per l'omicidio di Antonio Bellocco

"In Coppa Italia c'erano stati degli scontri, avevano divelto una porta, ci avevano fatto un agguato nel settore ospiti, solo che le avevano buscate - h raccontato Beretta tornando sui fatti del 26 dicembre 2018 –. E si parlava di questa partita come uno scontro finale di Santo Stefano". "Mi chiama Dany Torcia, che è uno del gruppo dei Boys, e mi dice: 'Guarda che stanno qui al Cartoons, vieni qua'. - ha proseguito l'ex capo della Nord -. Mi presento là e vedo che ci sono 150-200 persone nostre con i gemellati, c'erano i ragazzi del Nizza e di Varese. Vedo un clima di rilassatezza, non come prima di una guerra, con gente che beveva, che fumava". "Quando arrivo alcuni dicono: ma allora si va veramente allo scontro? - continua Beretta spiegando poi come si è trasformata la situazione nel parchetto di via Fratelli Zoia col gruppo armato di bastoni, machete, spranghe, bombe carta -. Uno dei nostri al passaggio dei napoletani avrebbe lanciato una bomba carta e sarebbe stato l'avviso di uscire. Siamo in tensione e dico a Ciccarelli e Belardinelli di cerca di calmarli".

Cosa che non succede affatto. Gli scontri tra ultrà iniziano alle 19.30 e circa tre minuti dopo Belardinelli viene investito a morte. "Metto il mefisto e i guanti. Usciamo dalla vietta io, Ciccarelli e Belardinelli. Ci dirigiamo verso destra mentre il grosso del gruppo va a sinistra - racconta Beretta -. Nella corsa perdo l'accensione della torcia, vedo che Belardinelli mi passa, riprendo la torcia e la punto contro il furgone dei tifosi napoletani. Poi sento una botta". La botta è quella rimediata da Belardinelli, che nella concitazione del momento viene travolto da un'auto. "Quelli del furgone hanno aperto il portellone. Uno è sceso con un'asse, ha cercato di colpirmi, ma gliene ho mollata una ed è svenuto – prosegue Beretta –. Ho preso un bastone con le due mani l'ho spaccato nel parabrezza. Poi mi giro, dietro vedo uno a terra che urlava come un pazzo, come un animale scannato". Si tratta di Belardinelli. "Gli prendo la faccia e vedo che gli esce sangue dalle orecchie, era maciullato - continua Beretta raccontando tutto quello che è successo -. Comincio a correre, volava di tutto, martelli, sassi, un bordello. Comincio a sbracciarmi e a far capire, chiedendo di indietreggiare". "Abbiamo alzato Belardinelli da terra e siamo tornati nella via, poi abbiamo fatto arrivare una macchina, una Polo, io ho staccato il deflettore, l'abbiamo caricato in auto e siamo partiti", ha proseguito Beretta.

Soccorsi inutili. A causa delle ferite riportate nell'incidente, quella stessa sera Belardinelli muore infatti in ospedale. Morte che segna un nuovo avvicendamento ai vertici della Nord. Beretta chiede un ruolo di rilievo al capo dei Boys Mirko Piovella, arrestato poi proprio per gli scontri di Santo Stefano, e dopo una risposta negativa insieme a Boiocchi studia il modo per prendere il comando. "È un casino, come è successo che tutti i responsabili dei gruppi non c'erano? Erano tutti al baretto, voi eravate allo sbaraglio, poteva essere una strage", dice Boiocchi a Beretta. "Allora ho capito che Boiocchi voleva prendere il controllo, però aveva bisogno di una scusa ed entro in gioco io, io avevo fatto l'azione, allora gli serviva il veicolo per prendere il potere", spiega ancora Beretta. "Guarda, prendiamo in mano questa situazione io e te, tu fai il frontman e io sto dietro in caso di problemi - riferisce Beretta raccontando l'evolversi della situazione e dell'accordo con Boiocchi -. Faremo una riunione con tutti i capigruppo, li sollevo dall'incarico e prenderemo in mano la situazione noi". Ed è proprio così che poi andrà. "Tutti erano in cerchio davanti al Baretto, lui espone la problematica e li solleva tutti dall'incarico, non dice una parola a nessuno, qua stai parlando proprio della malavita, capito? Hanno abdicato e noi abbiamo preso in mano la situazione", ha concluso Beretta. 

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