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IL LIBRO

Dal razzismo al rapporto con Pioli, Leao si racconta in "Smile": "Assurdo sanzionare chi è bersagliato da insulti"

L'attaccante del Milan ha presentato la sua autobiografia edita da Piemme nel quale ripercorre la sua vita, dall'infanzia in Portogallo sino alla rovesciata con il Paris Saint Germain

di Marco Cangelli
21 Feb 2024 - 15:25

Rafael Leao non è una persona che si accontenta, un po' come tutti i grandi campioni dello sport, sempre a cercare il pelo nell'uovo, ma soprattutto bravi a evitare di appigliare scuse se le cose non vanno nel verso giusto. Se una partita è andata storta, si è "giocato da schifo"; se un episodio fuori dal campo colpisce la sua sensibilità, non si tira indietro e lo prende di petto. Un po' come quel pallone colpito in rovesciata contro il Paris Saint Germain posto in apertura del suo nuovo libro "Smile", edito per Piemme; un po' come quegli episodi di razzismo che hanno cancellato quel sorriso smagliante che lo accompagna in tutti i campi d'Europa.

Sincero, diretto, a volte spavaldo come un dribbling messo a segno davanti ai sessantamila di San Siro, Leao ha deciso di raccontarsi in un volume pieno di aneddoti e di quella maniera di affrontare la vita a ritmo di rap, fra un cambio di direzione sulla fascia a ubriacare l'avversario e un nuovo look da sfoggiare in occasione della Settimana della Moda. Tutto bello, se non fosse che il calcio a volte si mischia con l'ignoranza di pochi, come accaduto alla Bluenergy Arena di Udine quando a esser colpito da una serie di cori razzisti è stato il suo compagno di squadra Mike Maignan

"Si è trattato fatto assurdo e gravissimo. E anche quando ho visto Lukaku essere ammonito dopo aver festeggiato in faccia ai tifosi razzisti della squadra avversaria mi sono arrabbiato tantissimo - ha raccontato Leao parlando anche di quanto accaduto a Zlatan Ibrahimovic nelle scorse stagioni -. Se un calciatore viene continuamente bersagliato e si permette di esultare in maniera reattiva rispetto a quei tifosi, l’arbitro cosa fa? Lo sanziona? È una cosa che non ha senso, e anzi non fa altro che contribuire ulteriormente a un clima già abbastanza esasperato. Giustifica quei pazzi che pensano che al giorno d’oggi si possa ancora vivere in questo modo. Accadde la stessa cosa a Zlatan, nel 2021, sempre contro la Roma, dopo essere stato insultato per tutta la partita con una parola incredibilmente fastidiosa anche da ripetere. Esultò e l’arbitro lo ammonì". 

Se i fenomeni riguardano comunque un numero ridotto di persone che mischiano il tifo con la più becera ignoranza, ciò che fa arrabbiare particolarmente l'attaccante del Milan è la risposta da parte delle istituzioni, incapaci di prendere una netta posizione su quanto accade: "Non credo che l’Italia sia un Paese razzista, in questa nazione sono diventato un uomo, un grande calciatore e un professionista. Ma credo che le istituzioni sportive siano ancora molto indietro, e questo accade anche in tutto il resto dell’Europa. Spostare continuamente la responsabilità sul soggetto, chiedersi: 'Lui cosa ha fatto per provocare?' è il miglior assist possibile che si possa fare a un razzista. È successo al mio amico Mike e a Moise, prima ancora a Balotelli e continuerà a succedere fino a quando non sapremo cosa fare per fermarli". 

La biografia di Leao non è composta soltanto da pagine buie, ma anche da tanti sorrisi legati alla famiglia, caposaldo dell'educazione del lusitano, così come al Milan dove ha avuto modo di confrontarsi con grandi campioni come Paolo Maldini, ma anche con un allenatore che gli ha cambiato letteralmente la carriera come Stefano Pioli, arrivato a Milano durante la stagione 2019-20 in sostituzione dell'esonerato Marco Giampaolo con il quale il portoghese non ha mai legato: "Tra me e mister Giampaolo non c’era praticamente alcun tipo di rapporto, non ci parlavamo, ero da poco a Milano e per un calciatore come me, a diciannove anni, ambientarsi era la prima sfida da affrontare. Inizialmente cercavo nello spogliatoio un lessico famigliare, così mi ha aiutato un po’ con la lingua André Silva, l’unico portoghese che c’era in squadra, ma dopo un mese è stato ceduto quindi ho iniziato a legare con altri nuovi calciatori come Ismael Bennacer, acquistato tre giorni dopo di me e che ancora oggi chiamo fratello. Fin da subito avevo degli obiettivi, ma non è stato facile, il mister non aveva capito come inserirmi in campo e con lui avevo un rapporto freddo; saluti formali ad allenamento e nient’altro, la difficoltà a comunicare che si aggiungeva a quelle della squadra in campo. Giocavamo male, io poco, e dopo qualche partita il mister è stato esonerato". 

Proprio quel passaggio ha fatto esplodere il Leao che abbiamo conosciuto tutti, un giocatore esuberante, ma al tempo stesso tremendamente tecnico e preciso, decisivo nel creare gli spazi per la squadra quando i difensori tendono a posizionarsi su di lui e in contemporanea faro per l'undici di Stefano Pioli. Come anticipato il rapporto fra i due non è sempre stato rose e fiori, ma l'astuzia del tecnico emiliano e la capacità di far scattare quella scintilla con i suoi giocatori ha cambiato Leao. "All’inizio non eravamo in sintonia, ricordo una sua conferenza stampa che mi aveva infastidito, in cui aveva detto cose che secondo me non doveva dire, di cui doveva discutere prima davanti alla squadra. C’è voluto tempo prima che capissimo come relazionarci, lui intanto ha avuto la bravura di trovare il miglior modo per far giocare me e la squadra. Mi ha messo nelle condizioni di poter fare la differenza e così ci siamo avvicinati - racconta il numero 10 rossonero -. Il segreto è stato trovare un modo chiaro e diretto di parlarci. È normale che ci siano delle discussioni all’interno di uno spogliatoio, ci sono ovunque. E come nella vita, come nelle famiglie, non parlarsi è spesso la peggior scelta che tu possa decidere di fare. Parlando si chiarisce sempre tutto, a volte non va come volevi, certo, ma meglio una verità che può farti male che una bugia. Mister Pioli spesso ha detto che con me ha parlato tanto, è vero, mi ha aiutato e mi ha dato sempre fiducia. Sono uno dei calciatori che è stato più tempo nel suo ufficio ma anche quello che ha giocato più minuti in ognuna delle ultime stagioni. Credo che le due cose siano collegate, che abbiano formato un legame e ho sempre pensato di dover ripagare questa fiducia".

Si sa che quanto accade nello spogliatoio rimane spesso lì, però a volte qualcosa si può raccontare. Chiaramente non tutto, altrimenti che gusto ci sarebbe di leggere "Smile"? Sarebbe come osservare una rovesciata contro il Paris Saint Germain sapendo l'esito della partita, dimenticandosi così di apprezzare la classe del gesto tecnico. 

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