Organizzata e scrupolosa: così gestiva biglietti e tessere garantendo introiti ai capi degli ultras
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Prima l'organizzazione delle trasferte, poi il lavoro "in casa" perché, dicono, "ha spiccate doti organizzative" e "uno scrupoloso puntiglio nell’adempiere i compiti a lei affidati". La persona in questione di chiama Debora Turiello, 40 anni, ai domiciliari con l’accusa di far parte dell’associazione per delinquere con aggravante mafiosa e finita nel calderone dell'inchiesta sugli ultras per il suo ruolo di cassiera della Curva Nord. Curva che ha frequentato a lungo e all'interno della quale si era ritagliata un ruolo preciso e centrale, quello della vendita dei biglietti e dello smistamento delle tessere a disposizione dei capi del tifo organizzato interista.
Chi voleva trovarla, prima di ogni partita, sapeva benissimo dove cercarla. Come scrivono i pm, "in occasione degli incontri casalinghi istituisce e gestisce presso la saletta interna del Baretto 1957 un vero e proprio ufficio, dove riceve i pagamenti dei “clienti”, distribuisce le tessere a disposizione della curva, tiene in consegna il denaro".
In più occasioni, è scritto ancora, "Turiello e Bosetti (Renato, nuovo capo del direttivo, in carcere, ndr) sono stati impegnati insieme nell’iter della ricarica dei biglietti: traggono i loro profitti, da un lato, sui biglietti che acquistano e vendono a nome della curva e, dall’altro, su quelli che acquistano e vendono autonomamente".
Debora distribuisce tessere o biglietti e gestisce il flusso di denaro che ne deriva. Così "è stata più volte intercettata a commettere irregolarità sull’intestazione dei reali fruitori dei biglietti, modificando dolosamente le generalità adottate per rendere maggiormente difficoltosa l’identificazione" e si spartisce i guadagni con Marco Ferdico che, per la stagione calcistica, parla di "265 mila (euro) fatti, puliti!" e di "5.000 euro" che "gliel’ho dati a Debora per tutto il lavoro che ha fatto".
La sua grande attenzione e le sue qualità di gestione, la portano a ottenere il ruolo di presidente di una strana associazione che si chiama “We are Milano”, formalmente creata per sostenere le iniziative degli ultrà, nei fatti - scrive Repubblica - un paravento legale per "garantire introiti, anche attraverso l’investimento di denaro di dubbia provenienza o lo sfruttamento artificioso degli sgravi fiscali contemplati, ad esempio, nelle iniziative di beneficenza".
Con l'associazione, scrivono gli inquirenti, si eludeva il fisco e le entrate, tra l’1 settembre 2020 e il 30 settembre del 2022, toccano gli 882 mila euro. Per i pm, in realtà, dietro l’ente c’è Andrea Beretta.