In dieci per quasi tutta la partita, i rossoneri sono stati capaci di limitare la Juventus uscendo comunque a testa alta dall'Allianz Stadium
Che fosse un'impresa complicata lo si sapeva già prima del calcio d'inizio. Senza Ibra ed Hernandez, riuscire a guadagnarsi la finale di Coppa Italia a Torino dopo un 1-1 all'andata avrebbe avuto il sapore di un mezzo miracolo. L'espulsione dopo un quarto d'ora di Rebic, quello che doveva sobbarcarsi tutto il peso dell'attacco nel 4-2-3-1 di Pioli, poi, metteva la parola fine alla semifinale di ritorno.
In mezzo, però, c'è una prestazione tutt'altro che da scartare. Nei pochi minuti in cui ha giocato in undici, il Milan ha provato anche a pressare alto cercando di sporcare le linee di passaggio della Juve già dall'avvio dell'azione bianconera. L'espulsione di Rebic ha fatalmente cambiato i piani.
Pioli non ha stravolto la squadra, ha semplicemente cercato di tenere il baricentro più basso (40,2 metri la media rossonera del match), chiedendo a Paquetà e Calhanoglu di rientrare molto sulle fasce e facendo coprire la parte centrale della trequarti a Bonaventura che, in pratica, si ritrovava a essere il giocatore più avanzato, prima che Pioli decidesse di far entrare Leao e poi, nel finale, il giovanissimo attaccante della Primavera Colombo.
La densità difensiva, le scalate, la buona risposta dei centrali e la serata positiva di Donnarumma (ma anche la scarsa mira degli attaccanti bianconeri, a essere onesti) hanno permesso al Milan di non subire gol da una squadra che aveva segnato nelle 44 partite precedenti all'Allianz Stadium. Dal punto di vista difensivo, l'unico che si può valutare in situazioni come quella di ieri, insomma, il Milan ha dato segnali positivi. Per capire quanto ancora possa dare da qui alla fine della stagione, bisognerà aspettare il rientro degli assenti e sperare che nessuno commetta più delle ingenuità come quella di Rebic.