L'ex allenatore a ruota libera: "Che paura in Roma-Parma, mai stato più arrabbiato in vita mia coi tifosi. Ho rifiutato la Nazionale"
Fabio Capello © italyphotopress
Fabio Capello si è raccontato in una lunga intervista a Radio Serie A, in cui ha toccato diversi temi della sua carriera a partire, ovviamente, dal Milan: "Devo tutto a Silvio Berlusconi, ha creduto in me sin da subito. Furono molto importanti anche Galliani, uno dei dirigenti più capaci che abbia conosciuto, e Bradi, di calcio ne capiva". Da allenatore anche le due parentesi da tecnico del Real Madrid: "La seconda la più bella e difficile, mandai via Ronaldo perché era un leader negativo per la squadra: da lì partì una rimonta sul Barcellona che culminò con il titolo". A proposito del Fenomeno: "Berlusconi mi chiese un consiglio perché voleva comprarlo per il Milan, gli dissi di no perché non aveva più voglia di allenarsi e di dimagrire ma poi lo acquistò lo stesso (ride, ndr)!". E poi lo scudetto con la Roma: "Che paura nell'ultima partita contro il Parma, ci fu un'invasione di campo sul 3-1 ma se un tifoso avesse dato uno spintone o un pugno a un giocatore del Parma avremmo perso la partita: non mi sono mai arrabbiato tanto con i tifosi". Poi l'esperienza con la Juve: "La squadra era ottima e organizzatissima, poi vennero fuori quei fatti che sorvoliamo (Calciopoli, ndr). Ma io me li sento vinti sul campo questi scudetti, non avevamo assolutamente bisogno di tutto quello che è venuto fuori". Infine, retroscena azzurro: "Dissi no alla Nazionale, non me la sentivo".
"Adriano Galliani è stato un direttore generale importantissimo per il Milan, per quello che ha fatto e per quello che è riuscito a essere nei momenti anche di difficoltà. Anche se quel Milan aveva più momenti felici che difficili, lui è sempre stato comunque molto presente e capace, è uno dei dirigenti più capaci che io abbia mai conosciuto".
"Braida era quello che capiva di calcio, era l'unico che era in grado di andare a trovare i giocatori che vestendo la maglia del Milan non avevano paura di San Siro. E gli altri due dirigenti di alto livello con cui ho lavorato sono Giraudo e Moggi".
"Gli devo tutto perché lui ha creduto in me dal primo momento, mi ha fatto diventare vice di Liedholm, poi ho preso la squadra in mano per le ultime cinque partite e ho fatto lo spareggio con la Sampdoria, che abbiamo vinto a Torino 1-0. Quando ha avuto alcuni problemi per scegliere i giocatori con Arrigo - che è stato bravissimo e fondamentale per tante cose nel calcio italiano, - mi ha richiamato, mi ha chiesto se me la sentivo di tornare e sono tornato. Ho detto sì, mi mancava l'odore dell'erba, perché abituato da sempre a giocare, a fare allenatore, l'odore della scrivania mi aveva già stufato (ride, n.d.r). Allenavo il Real Madrid, mi chiamò e mi disse “Fabio devi tornare”, e per quello che gli dovevo, andai dal presidente del Real Madrid e gli dissi: “Guardi presidente, io a quest'uomo devo tutto. Le chiedo per piacere il permesso di lasciare il Real Madrid”. E sono tornato al Milan, dove sono stato cacciato nella stessa annata (ride, n.d.r)"
"Silvio Berlusconi faceva anche cose imprevedibili. L’anno in cui ero al Real Madrid gli sconsigliai l’acquisto di Ronaldo il Fenomeno. Mi chiamò al telefono e gli dissi “Guardi Presidente, Ronaldo è il più grande calciatore che io abbia allenato, è il più bravo di tutti, però ormai non ha più voglia di allenarsi, di lavorare, è grasso non vuol dimagrire. Lasci stare perché poi siamo già d'accordo con una squadra saudita”. E lui mi ringraziò, ma il giorno dopo lo prese (ride, n.d.r). Ma Ronaldo si, è stato il calciatore più forte che ho allenato perché aveva la forza, la genialità e la potenza che negli altri non si vedeva. Posso dire che Van Basten era un fuoriclasse, però non aveva la stessa potenza o lo stesso cambio di ritmo.
Le due esperienze con il Real Madrid sono le più belle perché c'è la vittoria, tutte le altre interessanti. Direi che proprio quella quando c’era Ronaldo forse è stata la più bella e la più difficile. Decisi che Ronaldo era un leader negativo nella squadra, lo vendemmo e la squadra cambiò completamente. Avevamo 9 punti di distacco dal Barcellona e io feci un discorso alla squadra dicendo che avremmo dovuto giocare ogni partita come una finale e questo avvenne".
"Il pericolo maggiore di quel campionato fu l'ultima partita perché a 10 minuti dalla fine ci fu l'invasione di campo mentre stavamo vincendo 3 a 1 contro il Parma. Nessuno capì il pericolo di quell'invasione di campo per festeggiare perché se un tifoso avesse dato uno spintone o un pugno a un giocatore del Parma avremmo perso la partita e infatti io credo che nella mia vita non mi sia mai arrabbiato così tanto per i tifosi che non capivano il pericolo ma anche qualcuno che era con me in panchina non aveva capito niente. Ero l'unico in mezzo al campo che urlava come un pazzo, con degli improperi che non si possono dire. Alla fine è andata bene ma che fatica (ride, n.d.r)"
"Fu un'esperienza molto positiva. La squadra era ottima e organizzatissima. Poi vennero fuori quei fatti che sorvoliamo. Ma io me li sento vinti sul campo questi scudetti. La squadra era nettamente più forte di tutti. Non avevamo assolutamente bisogno di tutto quello che è venuto fuori".
"Mi è stata offerta la guida della Nazionale ma ho rifiutato. Ed è successo quando la nazionale giocava a Udine, Italia-Spagna. Fu offerta dal presidente di allora. E dissi di no. Perché non me la sentivo. Quando le senti dentro, le cose le fai. Ho sempre fatto le cose con questa idea".