Il giocatore della Fiorentina al podcast "Passa dal BSMT": "Proverò a riniziare a giocare, lo devo alla mia famiglia e ai sacrifici che ho fatto, ma anche per l'età che ho"
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Edoardo Bove è stato ospite del podcast di Gianluca Gazzoli "Passa dal BSMT", dove in una lunga chiacchierata ha raccontato come sta vivendo questi mesi senza calcio, i ricordi del malore e il suo futuro. “Il defibrillatore non ti consente di fare un determinato sport a livello agonistico, non di non avere il certificato agonistico. Naturalmente per la legge italiana giocare col defibrillatore non è consentito, quindi nel caso mantenessi il defibrillatore non potrò giocare. All'estero se firmi ti prendi la responsabilità. Avrò da fare delle visite importanti che mi diranno se ci fosse una possibilità di toglierlo e che controlli devo fare. Non mi precludo niente. Alla fine conta la mia salute mentale, perché se io non mi sento sicuro senza defibrillatore si parla del niente. Ancora non ho avuto una diagnosi vera e propria e questo è quasi peggio per me, vivo nell'incertezza e tra alti e bassi. Un giorno sto bene, un giorno dopo arriva il risultato di una visita. Per me il calcio è sempre stata la mia strada. Adesso sto iniziando a vivere possiamo dire, perché vivo una vita completamente differente. È bello perché ho più libertà ma allo stesso tempo sento di non essere più l'Edoardo di prima. Proverò a iniziare di nuovo a giocare, lo devo alla mia famiglia e ai sacrifici che ho fatto, ma anche per l'età che ho. Ovviamente devo avere l'ok dei dottori”.
I ricordi del malore. "Rivedere quelle immagini è la prima cosa che ho fatto quando mi sono svegliato, perché non capivo. Inizialmente non mi davano fastidio, ora riguardarmi dopo un po' di tempo mi dà più fastidio. Nel rivedere l'episodio mi sembra di fare dei passi indietro nel mio percorso mentale e mi escono delle domande capricciose, come perché io non posso giocare e gli altri si. Poi non metto in dubbio di essere fortunato, anzi l'ho realizzato subito perché ho capito realmente quanto si sono spaventati tutti. Dopo però ti senti anche in colpa quando ti fai questo tipo di domande. Non so spiegarmelo, fa parte del percorso".
I ricordi di quel Fiorentina-Inter. "Mi ricordo anche le azioni che sono successe prima. Mi ricordo di quel quarto d'ora. Quando Lautaro ha segnato e hanno annullato il gol sentivo già la testa girare. Ma non sentivo il cuore battere di più. Pensavo che fosse dovuto all'alimentazione, non sentivo in petto niente. Mi sono accasciato per far finta di allacciarmi le scarpe per cercare di capire. Quando mi sono rialzato sono andato giù. Non ho sentito niente al petto, infatti è una cosa che mi hanno chiesto anche i dottori. So che per ogni persona è diverso, io non ho avuto nessuna avvisaglia da parte del mio cuore. Mi sono svegliato che non ricordavo niente, pensavo di aver fatto un'incidente. Mi hanno detto che in ambulanza ho fatto un bel casino dopo che mi hanno rianimato. Cercavo di mordere tutti, ero indemoniato ma non mi ricordo niente di questo. Le prime persone che ho visto sono stati i miei familiari, ma non ricordo di averli visti. La cosa incredibile è come il nostro cervello tenga a fare un processo isolato da solo, facendoti dimenticare determinate cose”.
Il primo soccorso. "Tralasciando le varie patologie, è una cosa elettrica alla fine, perché il cuore si ferma. Siamo dipendenti da chi ci cammina accanto, perché se cammini per strada e la persona che hai di fianco sa fare un primo soccorso ti salva la vita. Poi servono anche i defibrillatori a giro. Sono grato per come sia andata, perché nella tragedia stavo al posto giusto al momento giusto. A me è accaduto nel momento della partita, se ero per conto mio magari andava diversamente. Mi sento davvero fortunato".
Sul defibrillatore sottocutaneo. "Mi hanno detto che la cosa miglior era mettere questo defibrillatore per stare tranquillo, e quindi ho deciso di metterlo, anche perché mi hanno dato un determinato tipo di garanzie. Mi hanno spiegato la vita di una persona col defibrillatore. All'inizio l'ho sottovalutato, invece la senti. Sento che c'è un qualcosa dentro di me, non dico di estraneo, però quando dormi girato da un lato, quando magari fai un movimento strano, lo senti. All'aeroporto hai una corsia preferenziale ad esempio, in Europa mi hanno chiesto anche di alzare la maglietta. Stavo con un mio amico, eravamo gasati perché avevamo saltato la fila, ma poi mi hanno fatto tutta una serie di perquisizioni. Umanamente mi sono sentito un po' violato. Mi hanno detto che va cambiata la batteria ogni 8 anni”.
Bove rivela un retroscena: la chiamata di Christian Eriksen, che ha vissuto la stessa esperienza nel 2021. "Mi ha chiamato subito, non lo conoscevo. È stato carino, mi ha dimostrato subito la sua vicinanza. Alla fine c'è una sorta di vicinanza per quello che uno vive. Mi ha detto che la prima cosa ora è stare tranquillo, riposarmi e stare con la mia famiglia".
Il dolore dei familiari. "Quando vedi i tuoi cari in difficoltà ti senti impotente ed è quello che mi ha fatto star male. Poi sono uscite tante notizie non vere sulla mia situazione, ognuno cercava di dire la sua, minando la tranquillità dei miei. Essendo un personaggio pubblico sono abituato a questo, ma le persone al mio fianco no e questo mi ha fatto male, perché non ho potuto far niente per aiutarle. Mi hanno dato tutto pur vivendo un momento critico, per questo non posso far altro che ringraziarli. All'inizio l'ho vissuta con troppa maturità forse questa situazione. La mia famiglia era allo stadio quel giorno per fortuna così mi hanno potuto seguire. La parte più critica è stata la notte, perché non sapevano se avrei avuto dei danni cerebrali".