"Le contestazioni erano abbastanza pesanti, non tanto nei numeri ma nella durezza. Ne parlai con il presidente Preziosi che mi disse che le contestazioni sarebbero finite non appena sarebbero arrivati i risultati. Con un clima così è ovvio che cerchi una soluzione. E la soluzione fu che andai ad allenare l'Atalanta, ma non venni esonerato". A raccontare questo retroscena è il tecnico degli orobici Gian Piero Gasperini che è intervenuto nel corso del processo a quindici ultrà del Genoa, accusati di ricatti alla società rossoblù. L'indagine, affidata al sostituto procuratore Francesa Rombolà e al procuratore aggiunto Francesco Pinto, aveva portato in carcere Massimo Leopizzi, Artur Marashi e Fabrizio Fileni con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata all'estorsione e violenza privata per aver estorto alla proprietà Preziosi circa 327.000 euro.
Una situazione che coinvolse anche l'allenatore di Grugliasco che decise quindi di lasciare Genova: "Allenai fino all'ultimo. Dopo il derby un gruppo di tifosi venne a Pegli ma la società, credo il team manager, mi disse che volevano vedere solo la squadra, non me" ha spiegato Gasperini. Gli inquirenti hanno sentito anche l'ex giocatore Dario Dainelli che è tornato sulla vicenda: "Mi ricordo di una delegazione che venne dentro la società. Non mi ricordo cosa ci dissero, volevano più impegno dalla squadra. Non ho subito atti di violenza. Ma me ne andai via perchè non mi sentivo più apprezzato". In un momento di pausa lo storico capo ultrà Massimo Leopizzi, imputato, ha infine lasciato l'aula dicendo "E' un processo per quattro striscioni e sembra che processino Totò
Riina".