La sconfitta contro il Maccabi segna il punto più basso della gestione Agnelli
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Vergogna, esonero, dimissioni: i trend topic che accompagnano l'amarissimo risveglio dei tifosi della Juve all'indomani dell'umiliante ko col Maccabi fotografano quello che calcisticamente è il momento più basso dell'era Agnelli. Sul banco degli imputati oggi non manca nessuno. Non manca il presidente che ha messo la faccia dopo la sconfitta ma sconta una gestione da almeno tre stagioni troppo confusa e contraddittoria. Gli fa compagnia un management che pur spendendo cifre astronomiche ha costruito una squadra sbilanciata, incoerente, incompleta: ha comprato male e, forse, venduto in modo peggiore. C'è chiaramente la squadra stessa, svuotata, demotivata, disordinata, atleticamente impreparata: corre meno degli avversari e commette errori tecnici da serie minori, altro che Champions. E poi c'è il tecnico, c'è Allegri su cui convergono tutti gli strali, catalizzatore di tutte le critiche, colpevole numero uno, vittima sacrificale sull'altare delle frustrazioni bianconere.
Che un ritiro (punitivo per alcuni, di riflessione per altri) possa ora risolvere qualcosa in questo caos gestionale e sportivo è tutto da dimostrare. Che un derby possa invece determinare il resto di una stagione già in parte compromessa è invece una dato di fatto perché se Agnelli ha escluso - a botta ancora calda - ogni ipotesi di esonero e se lo stesso Allegri ha fatto altrettanto con l'idea di dimettersi, come si può immaginare di continuare senza scossoni e cambiamenti se col Torino non ci fosse la reazione attesa e sperata? Insomma, siamo in camera di consiglio ma un verdetto è atteso, è necessario: l'orizzonte indicato da Agnelli è troppo in là nello spazio e nel tempo. La Champions, a meno di miracoli, è andata. Andata molto male. Anzi, mai tanto male: tre sconfitte in quattro partite nel girone di qualificazione sono un unicum e un'onta nella storia bianconera. Il campionato quasi: i 10 punti di distanza dal Napoli e le sette squadre davanti sono un macigno sulla parola scudetto, oggi persino impronunciabile alla Continassa. Eppure c'è ancora molto da salvare: parlare di Europa League e qualificazione Champions può far storcere il naso ma restano obiettivi possibili, minori ma possibili, e soprattutto vitali. Raggiungibili a patto di smettere di vivacchiare. Per rispetto di chi oggi le parole "vergogna, esonero, dimissioni" le sente come una ferita aperta e sanguinante.