Le ultime uscite confermano la crescita del gruppo nerazzurro: il merito è del tecnico troppo spesso ingiustamente criticato
di Bruno Longhi© Getty Images
A Napoli c’è attesa per l’aritmetica di uno scudetto vinto per lo meno da un paio di mesi. Si aspetta solo la superflua ufficialità che sancisca la valenza della grande cavalcata degli uomini di Spalletti e la marchi col fuoco nell’albo d’oro degli scudetti. Un piccolo particolare, al quale si dà eccessiva importanza. La festa è da tempo programmata. E' stata solo procrastinata per un banale imprevisto. Il Napoli il suo scudetto l’ha vinto e da un pezzo. Le altre - e sono addirittura sei - dovranno risolvere nelle ultime sei giornate di campionato il rebus relativo al loro futuro europeo. Sarà Champions, sarà Europa League o sarà Conference?
Quesito demandato al campo e che ovviamente prescinde al momento da ciò che Inter e Milan sapranno fare nella loro personalissima eurosfida cittadina. Ma prima ancora di conoscere il futuro, è giusto soffermarsi sul presente. Su ciò che le sei pretendenti - divise da sei punti in classifica - ci hanno detto in queste ultime ore. E dal campo, è emersa l’inconfutabile verità che l’Inter di Simone Inzaghi è decisamente la migliore del lotto. Non mi sono limitato a dire l’Inter. Ho specificato: l’Inter di Simone Inzaghi. Perché ciò che la squadra nerazzurra ha evidenziato in questo ultimo periodo (Empoli, Juventus e Lazio) sul piano del gioco, dei risultati, della consapevolezza della propria forza, della netta superiorità nei confronti dell’avversario, non può solo essere il prodotto del capriccio dei singoli o la conseguenza del loro migliorato rendimento. C’entra l’allenatore. Eccome se c’entra. Molto di più di quando lo mettevamo a rosolare sulla graticola come una braciola, nonostante i risultati fossero quasi sempre dovuti agli incredibili errori di mira dei suoi attaccanti. L’Inter di Inzaghi è oggi la squadra più forte del campionato. Con colpevole ritardo, qualcuno obietterà. E obietto pure io. Ma ciò che è stato appartiene al passato. I conti, in attesa del rush finale, vanno fatti col presente. Che in casa Inter non può non indurre verso un sano e realistico ottimismo. L’aver sconfitto e ridimensionato la Lazio in quella sontuosa maniera, è patrimonio delle grandi squadre. E l’Inter in questo momento grande lo è per davvero. Ha tutto per credere in tutto. Titolari forti, riserve degne dei titolari. Cambi (finalmente) in sintonia con le esigenze del momento della partita. Ha ritrovato Lukaku, e con l’eclettismo di Darmian ha saputo sopperire alla perdurante assenza di Skriniar, aggiungendo alla squadra ciò che con lo slovacco veniva spesso a mancare sul piano squisitamente tecnico e nello sviluppo della manovra dal basso. Considerazioni che rassicurano Marotta sulla corsa al quarto posto, ma non ne sciolgono i dubbi sul futuro del tecnico. I cui risultati sono complessivamente migliori rispetto a quelli del dirimpettaio Pioli (ha in più una finale di Coppa Italia) che viene però esentato, da critiche o perplessità. Ieri nella polvere, oggi quasi sull’altare. Simone, come quello della canzone degli anni Settanta o giù di lì, sa che il ballo non è ancora finito. Ma con questa musica gli verrà più facile non perdere il ritmo.