La vittoria del +15 è arrivata grazie ai gol di Asllani e Sanchez ma soprattutto per lo spirito di sacrificio che il gruppo ha messo in campo
di Enzo Palladini© Getty Images
Gli ultimi due mesi sono scivolati via sulle note di una litania infinita: quanto gioca bene l'Inter, quanto è bravo Lautaro, quanto sono belle le verticalizzazioni insegnate da Simone Inzaghi. Tutto vero, sempre. Tranne che nella partita contro il Genoa. O meglio: l'Inter che piace alla gente che piace è durata mezz'ora e ha portato a casa tre punti che valgono doppio proprio per la sofferenza che li ha generati.
Il concetto di collettivo viene da sempre usato e abusato nel calcio. L'Inter invece lo applica in una maniera che non si era quasi mai vista. Reciprocità e mutualità sono le linee direttive di un gruppo che continua a dominare il campionato, che si è portata a più quindici sulla più diretta inseguitrice, che ha portato a casa il risultato anche in una serata molto, molto complicata soprattutto per alcuni giocatori-chiave. Ci sono alcuni segnali che però fanno capire quanto sia unito questo gruppo. Il più evidente è la reazione di tutti dopo un gol. C'è quel senso di famiglia, di tavolata tra amici, che normalmente non traspira da una squadra di calcio. Merito sicuramente di un allenatore che si sente ancora un po' giocatore, ma anche di un gruppo di leader che sanno mettersi a disposizione. Con un capitano che, come si dice del Presidente del Consiglio, interpreta alla perfezione la figura del "primus inter pares".
Ecco la differenza tra la vittoria contro il Genoa e quelle precedenti. Non l'ha ottenuta Lautaro, non l'ha ottenuta Thuram. L'hanno ottenuta "gli altri". Prima di tutto l'ha ottenuta Asllani, che giocando tre partite consecutive da titolare si è finalmente scrollato di dosso l'incubo di quell'errore commesso un anno e mezzo fa a Barcellona. Sembra assurdo tornare a quell'episodio, ma è davvero un momento che ha rischiato di rovinare una carriera. Invece adesso il giovane albanese è una validissima alternativa a Calhanoglu che magari un domani potrà anche giocargli accanto, con la sola accortezza di non pestargli i piedi. Ma è anche una vittoria che porta la firma di Alexis Sanchez, sedicesimo marcatore interista stagionale (Asllani il quindicesimo), freddissimo sul dischetto nel momento in cui Ayroldi ha generosamente concesso il rigore che ha portato al 2-0. L'hanno vinta questi due ma l'ha vinta anche Bisseck, che è entrato come contraerea quando nell'area nerazzurra volavano palloni difficili da intercettare.
Non si può vincere sempre e Simone Inzaghi lo sa molto bene, anche se sicuramente starà pensando con preoccupazione alla prossima gara di campionato contro il Bologna, avversaria che quest'anno sembra la peggiore possibile alla luce del pareggio di campionato e della sconfitta di Coppa Italia. Ma a questo punto della stagione, con il cammino che ha alle spalle e con il vantaggio che ha sulle inseguitrici, ha anche il diritto di incappare in un lunedì sera poco brillante e poco ispirato. Una partita che non va a incidere (anche perché è stata vinta) sulle cifre e sul valore della stagione. D'accordo, il tiro-jolly di Vazquez ha interrotto un'imbattibilità che stava diventando molto consistente, ma la difesa nerazzurra, anche priva di Bastoni e con Carlos Augusto adattato, ha retto bene anche alle disperate folate offensive finali del Genoa.
Sul nome della prossima squadra campione d'Italia non sembrano esserci più grandi dubbi, anche alla luce di serata come quella vissuta contro un ottimo Genoa, serata in cui - per esempio - un giocatore abbondantemente over trenta come Mkhitaryan si è impegnato con l'umiltà di un ragazzino, ha svolto lavoro sporco per tutti i novanta minuti, si è trasferito dal settore "qualità" al settore "quantità" senza battere ciglio. Così come si sono sacrificati i Barella, i Dimarco, i Darmian. In questo collettivo quasi perfetto, in cui chi entra in campo viene aiutato dagli altri dieci a entrare subito in perfetto clima partita, forse in questo momento c'è una sola eccezione e si chiama Denzel Dumfries. I suoi compagni hanno sempre scherzato sul fatto che ha sempre la faccia seria, che sorride poco, che sembra sempre da un'altra parte. L'anno scorso in campo questo particolare non si notava, ultimamente risulta evidente. L'Inter resta forte lo stesso, ma con un Dumfries motivato in più sarebbe ancora più vicina alla perfezione.