Il ko contro l'Empoli ha messo in evidenza tutti i limiti che stanno frenando il cammino in campionato dei nerazzurri
San Siro può essere, quando lo vuole, spietato e trasformarsi in un gigantesco e infernale tormento. Lo è stato ieri sera con un ragazzo di 22 anni, Raoul Bellanova, gettato nella mischia nelle stupore generale, impiegato dopo mesi di quasi inoperosità nel momento meno opportuno, in una serata di sbandamento generale, con l'Inter in dieci, stanca, confusa e con la testa e le gambe rimaste a Riyad. Quasi fosse sua la colpa di una sconfitta meritata e giusta contro un Empoli ordinato, compatto e pericoloso anche in parità numerica, e non invece di: 1- un allenatore, Simone Inzaghi, che non ha saputo preparare mentalmente e tatticamente l'incontro e si è perso drammaticamente nella confusionaria gestione dei novanta minuti; 2- un capitano, Milan Skriniar, che mentre si faceva espellere per due gialli in 35 minuti lasciando la squadra in dieci dava mandato al suo procuratore di addossare alla società le ragioni del mancato rinnovo; 3- "senatori" che anziché guidare la squadra nel momento di difficoltà si sono persi, come Barella, in proteste, mugugni, rimbrotti sterili e controproducenti; 4- un portiere, Onana, che, sia detto, ha regalato il gol agli avversari; 5- una punta, Correa, che si è smarrita ed è da tempo un peso per la propria squadra e un vantaggio per gli avversari; 6- un'altra punta, Lukaku, che ha aggiunto invece altri minuti di perplessità in una stagione sin qui già pessima.
Oggi è giusto allora che l'Inter si interroghi su questo e solo dopo, semmai, sul perché abbia dovuto ricorrere ieri sera a un ragazzo come Bellanova - a proposito, dove è sprofondato Dumfries? - espressione di un mercato che è da tempo una continua corsa al ribasso. L'Inter che meno di una settimana fa ha conquistato la Supercoppa è al giro di boa del campionato fuori dalla lotta scudetto e con la prospettiva di dover sudare non poco per arrivare da qui alla fine in zona Champions, con interrogativi quanto mai pesanti sul suo prossimo futuro. Resta la Coppa Italia come possibile secondo trofeo, resta una Champions da giocare e da onorare al meglio, ma le incognite pesano sull'umore dei tifosi e ancor più sulle prospettive della squadra. Da qui ai prossimi mesi c'è una difesa da ricostruire - via Skriniar, via De Vrij, dubbi sul futuro di Acerbi, un prolungamento del contratto di Bastoni da intavolare - una batteria di esterni che andrà rivista - Dumfries in partenza, Bellanova di ritorno al Cagliari - un centrocampo che perderà un incontrista - Gagliardini - e che numericamente andrà rimpolpato, nonché un attacco in cui Dzeko è in scadenza, Lukaku in prestito secco e Correa oltre l'impresentabilità. Insomma, il ko contro l'Empoli che ha chiuso un girone di andata con sei sconfitte e 25 gol presi, ha presentato un conto pesante, nell'immediato e in prospettiva: nell'allungo di una corsa a tappe come il campionato tutte le carenze nascoste nel singolo match sono venute plasticamente in evidenza. E il tutto, a conti fatti e al di là delle motivazioni contingenti, porta in ultima analisi verso una direzione: un progetto che possa continuare ad avere un futuro competitivo e vincente sul medio periodo deve avere solide basi societarie. Basi che all'Inter oggi invece mancano.