Il centrocampista, arrivato in nerazzurro nel 2019, sta per salutare definitivamente e volare al Leicester: un talento puro ma troppo fragile
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"Sensi vede il calcio", disse Antonio Conte dopo una giocata danzante, una piroetta sul pallone, una magia con cui quello che allora era il suo centrocampista guadagnò un rigore per l'Inter a Cagliari. Era il primo settembre 2019 e il tecnico ex Juve iniziava a dare forma alla squadra nerazzurra facendo leva proprio sulle doti di Stefano Sensi, arrivato dal Sassuolo in prestito oneroso. Iniziò tutto così: con gol, assist, giocate e i complimenti di tutti per un talento purissimo da mostrare, finalmente, in un top club. Sembra una vita (calcistica) fa perché da allora è cambiato praticamente tutto.
Tre gol e 4 assist nelle prime 6 partite con la maglia dell'Inter: era partita così l'avventura nerazzurra di Stefano Sensi, capace di andare a segno subito, a San Siro, in un folgorante 4-0 sul Lecce che segnò l'esordio di Conte in panchina, fece andare a tabellino Candreva con un gol un bolide da casa sua e mostrò al pubblico nerazzurro il primo Romelu Lukaku. In tutto questo c'era stato anche lui, Stefano Sensi, subito in gol. E anche le partite successive (che invece mostravano un ancora timido Barella, anche lui appena arrivato a Milano) parlarono di un ragazzo con doti non comuni: assist a Cagliari, gol all'Udinese, assist contro il Milan, gol e assist contro la Samp.
E una partita di Champions, al Camp Nou contro il Barcellona, che potrebbe finire nel manuale del calcio: un dominio nerazzurro per 70 minuti che non bastò a portare a casa il risultato ma che fu la rappresentazione di un calcio spettacolare, veloce, verticale, palla a terra, con fraseggi stretti ma anche imbucate millimetriche proprio lì, nel tempio di Xavi e Iniesta. Tutto sotto la regia di qualità, appunto, di Sensi e Barella, che a ingranare e a guadagnarsi lo spazio da titolare a centrocampo si mise pochissimo). Poi a ottobre 2019 arrivò, nella gara contro la Juve, il primo infortunio (agli adduttori) ed è come se il mondo di Sensi avesse smesso di girare lì.
Tempi lunghi e ricadute, nuovi infortuni. Nel frattempo a gennaio all'Inter arriva Eriksen, che finirà per trovare le chiavi del centrocampo nerazzurro. Alla fine della sua prima stagione nerazzurra, Sensi viene riscattato per un totale di 25 milioni ma il destino continua a relegarlo più alle prese con gli infortuni che con il campo. Gioca poco, non segna più, inizia a diventare un mistero: quello di un giocatore dalla qualità sopraffina ma dai muscoli di cristallo. Mette nella sua personale bacheca scudetto e Supercoppa, ma senza mai essere davvero protagonista.
Nel tentativo di fargli trovare continuità e anche un pizzico di serenità viene mandato in prestito alla Samp nel gennaio 2022. Con le stesse intenzioni la stagione successiva la gioca con il Monza con cui mette in fila ben 30 presenze e anche tre gol. Il ritorno alla Pinetina della scorsa estate lo vede protagonista di un grande precampionato, dove vede la porta e gioca con continuità. Al punto da meritarsi la "conferma", anche se Inzaghi predilige centrocampisti fisici e infatti, a fine mercato, l'Inter strappa Klassen come innesto di centrocampo. Sensi comunque resta in squadra e la speranza di molti è che possa riportare la qualità intravista nel 2019.
Ma dopo pochi mesi l'avventura di Sensi, il cui contratto scade a giugno, è arrivata al capolinea, dopo 56 presenze e 4 gol in totale. La sua cessione imminente al Leicester permette alle casse nerazzurre di guadagnare due milioni. In un centrocampo di grande qualità, l'ex Sassuolo non è riuscito a ritagliarsi spazio e quando lo ha avuto (soprattutto contro il Bologna in Coppa Italia) non ha inciso come Inzaghi (e molti tifosi) speravano. La Premier lo aspetta e lui cerca principalmente minuti in campo e fiducia: in nerazzurro non poteva averne più perché la sua storia è durata l'illusione dei pochi mesi iniziali. Promesse meravigliose non mantenute per colpa di un fisico troppo fragile e forse di una testa che di quei muscoli è rimasta vittima impaurita. Qualcuno parla di rimpianto e non è detto che questo sia il termine giusto.