Il derby d'Italia come rivalità identitaria: il capitano lo ha ribadito ieri ai compagni di squadra
© sportmediaset
Inutile provare a temperare, smorzare, zittire quella voce interiore che ti ricorda che "questa è la partita". Inter-Juve arriva tutto sommato presto, arriva quando la strada è ancora tutta da percorrere, quando la classifica è poco più di un canovaccio: ma è sempre, appunto, Inter contro Juve, il derby d'Italia, carico di quella rivalità che è certezza esistenziale, identitaria. Lo vivono così i tifosi, lo sanno e lo sentono i protagonisti. Lautaro, il capitano, che ieri ha riunito la squadra per ricordare la centralità e il peso dei prossimi 90 minuti sul campo di San Siro. Inzaghi, che si è preso e si prenderà sino a domani tutto il tempo per vagliare le diverse ipotesi di formazione, per supplire alle assenze e imbrigliare chi siede sulla panchina opposta. Il Meazza, un catino ribollente.
Il mister parla oggi all'ora di pranzo. Dal mercoledì di Champions porta con sè indicazioni e ammonimenti: a centrocampo ha atteso e attende ancora notizie definitive, l'assenza di Calhanoglu va colmata tenendo conto di attitudini, temperamento e condizioni fisiche. Questo significa che il recupero di Asllani, sostituto naturale del turco, non offre comunque certezze assolute di formazione: con Barella pronto a tornare mezzala, attenzione dunque a Zielinski che ha l'esperienza e il carisma per prendersi un ruolo cruciale in un match tanto infuocato. Questo, in fondo, il nodo centrale che temiamo comunque che Inzaghi non vorrà sciogliere del tutto, facendo della pretattica un'arma utile alla vigilia. Il resto, grossomodo, è invece più o meno dato. La squadra sa già tutto: più che l'interpretazione dei singoli è decisivo il collettivo. Questione di mentalità: su questo, per tornare a ieri, ha posato l'accento anche capitan Lautaro.