Inter, Lukaku si scusa coi tifosi per l'errore contro la Salernitana
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Il pari-beffa di Salerno è figlio di atteggiamenti già visti e rivisti: l'attacco ha numeri horror e Inzaghi ci mette del suo
Venticinque (25) tiri di cui 11 (undici) in porta e otto (8) corner non sono bastati all'Inter per segnare più di un gol a Salerno, per aumentare quel minimo vantaggio che in questo periodo non basta mai per portare a casa la partita, anche perché gli errori sotto porta si replicano dall'altra parte del campo, che sia la difesa (come visto nelle scorse partite) o proprio il portiere come nel pari di ieri. Simone Inzaghi ha sempre voluto evitare di parlare di sfortuna e in effetti se le stesse situazioni si fotocopiano settimana dopo settimana c'è per forza dell'altro: mancanza di concentrazione e di convinzione su tutte, figlie di un atteggiamento che non convince mai del tutto e di una condizione psico-fisica di alcuni elementi chiave davvero preoccupante. Ovunque ci si gira, ad Appiano Gentile si vedono problemi: neppure l'adrenalina post derby d'Italia ha risvegliato il gruppo, tra l'altro non aiutato - come spesso accade - da alcuni cambi che hanno aiutato la Salernitana a conquistare campo nel finale, fermo restando che la rete di Candreva (aiutata dal gravissimo errore di Onana) non poteva essere più casuale di così. E così la qualificazione alla prossima Champions League si fa ancora più dura.
A Salerno è arrivato il gol di Gosens sulla spizzata di Lukaku, unico modo in cui il belga è riuscito a mettere - almeno parzialmente - la firma sul tabellino perché, a parte un paio di buone parate di Ochoa, della sua prova verrà ricordato soprattutto l'incredibile errore di testa a porta spalancata che ha mandato il pallone sulla traversa. Altra situazione, dopo quella a due passi dalla linea contro la Fiorentina, che non può essere spiegata solo con i tanti pensieri in testa dopo il caso razzismo vissuto allo Stadium proprio perché anche contro i viola si era dimostrato tutt'altro che infallibile nel momento decisivo. Non che i compagni di reparto abbiano fatto meglio: la prova di Correa è figlia di quasi tutte quelle mostrate dall'argentino in maglia nerazzurra, Lautaro è in uno dei suoi momenti 'no' che si sbloccheranno solo quando ritroverà la rete (e di solito accade solo con un gol di pregevole fattura) mentre Dzeko, entrato solo nel finale, è comunque a secco da metà gennaio.
La sesta partita (contando tutte le competizioni) senza vincere, non accadeva dal 2018, arriva anche per l'erroraccio di Onana che ha portato al 25° gol subito in trasferta: anche questo non può essere un caso, visto che a San Siro le reti prese sono solo 8. Come per gli attaccanti, la sensazione è che gli errori individuali siano figli di una tensione che manca, quantomeno per l'interezza della partita. Si sono visti ancora i "vaffa" ai compagni in caso di scelte sbagliate o di passaggi non ricevuti, il clima nella rosa continua a non sembrare quello di una squadra che deve inseguire un obiettivo vitale e ha comunque davanti ancora 40 giorni di stagione in cui ci sono da giocare i quarti di finale di Champions League e il ritorno della semifinale di Coppa Italia.
Ma allora Inzaghi non ha colpe? Non è proprio così perché se è vero che l'atteggiamento dei giocatori nei 90' è anche (e soprattutto) figlio dell'impostazione di un allenatore, le scelte dalla panchina in molti casi non aiutano. In questo momento in cui l'Inter non riesce a chiudere le partite, i cambi sono a essere generosi conservativi, a volte suggeriscono paura. Perché solo 65' per Asllani per far entrare il peggior Brozovic delle ultime stagioni? Anche Gagliardini contribuisce all'arretramento del baricentro che, unito al timore di un pareggio che i giocatori sembrano sempre avere in ragione degli ultimi risultati, puntualmente porta gli avversari ad avere più occasioni di quelle subite dalla retroguardia nerazzurra nella prima parte di match.
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La ricetta di Simone Inzaghi, che non ha per nulla strigliando la squadra dicendo "che non c'era nulla da rimproverare a livello di impegno", è quella di continuare a lavorare. Più sulla testa che tatticamente, mentre i giocatori hanno il dovere di capire che in gioco c'è davvero il futuro dell'Inter perché la differenza tra un quarto o quinto posto sarebbe determinante per i piani e i progetti 2023/24. All'allenatore viene chiesto di fare scelte pesanti, magari a proposito di quei giocatori che sanno che a fine anno se ne andranno e quindi non hanno il 'sacro fuoco' (un esempio su tutti: de Vrij che, dopo una partita come quella di ieri, si lamenta del poco spazio e non dà certezze di rinnovo). Di tempo ne è rimasto poco e le occasioni sono sempre meno.