In poco più di un mese i nerazzurri si sono trasformati da fortino a colabrodo: le colpe del tecnico, dei giocatori e del club
L'Inter è finita. O, meglio, è finita l'Inter intensa e concreta della prima parte di stagione. Cinque punti nelle ultime 5 partite, vinto un solo match degli ultimi sei: i numeri spiegano molto della crisi nerazzurra, oggi più che mai di fronte a un bivio. Mancini deve dimostrare di saper voltare pagina. Anche perché, matematicamente, l'obiettivo - la qualificazione alla Champions League - è tutt'altro che sfrumato.
Il derby è stata solo l'ultima ciliegina del gennaio solo nero e per niente azzurro dell'Inter. Risultati a parte, quello che ha sconcertato i tifosi (la contestazione fuori San Siro verteva più su questo aspetto che per la sconfitta in sé) è l'atteggiamento della squadra e dell'allenatore. L'organizzazione tattica, basilare ma concreta, degli uomini di Mihajlovic ha fatto la differenza contro il 4-2-4 di Mancini, sempre in sofferenza in mediana. Una soluzione a cui il tecnico jesino non ha posto rimedio neppure a gara in corso, di fatto costringendo Brozovic a figuracce per mancanza di lucidità e fiato, oltretutto in un momento di condizione fisica generale deficitaria.
Prima del derby, Mancini aveva provato altra squadra (esterni D'Ambrosio e Telles, in avanti Icardi) e altro modulo, 4-3-1-2, per poi sconfessarsi al momento della distinta ufficiale. Perché Santon, che non giocava da oltre 90 giorni? Perché Juan che ormai è una riserva fissa? Dopo 4 mesi di esperimenti, ci si attendeva un'impostazione - se non fissa stile Sarri o Allegri - di base e invece vige un turnover di uomini e moduli quasi perenne. Difficile che un atteggiamento del genere aiuti i giocatori. Rientra in questa logica anche la perplessità sulla panchina di Icardi: non è la prima, né sarà l'ultima. Ma Eder sembrava l'uomo giusto per dare una mano a Maurito e invece è stato scelto Jovetic, in continua involuzione.
Infine, non può passare sottotraccia il nervosismo di Mancini. Dopo la polemica con Sarri, il tecnico è scivolato sul dito medio al momento dell'espulsione e i toni aggressivi nel post-partita. Se anche avesse scelto di lasciare l'Inter a fine stagione, nessuno pone dubbi sul suo impegno. Ma ha il dovere di riportare in carreggiata la stagione visti gli sforzi della società (a proposito, si attende ancora la reazione di Thohir) anche nella sessione di mercato di gennaio. Magari svoltando tatticamente, regalando certezze ed equilibrio perché di solo fortino e capacità di soffrire non si può vivere.
Lo stesso club, prima o poi, dovrebbe raccontare la verità sul dopo Inter-Lazio, visto che il meccanismo nerazzurro semba essersi inceppato proprio dalla sera del 20 dicembre: prima si prende atto del problema, prima lo si risolve. Il terzo posto, dopotutto, è a solo un punto di distanza.
— MauroIcardi (@MauroIcardi) 1 Febbraio 2016