Il presidente nerazzurro è polemico: "In 10 partite di Champions 100 milioni, vincendo lo scudetto con 38 partite 95. Va trovato equilibrio"
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Beppe Marotta, presidente dell'Inter, è orgoglioso del cammino nerazzurro in stagione. In corsa su tre fronti, campionato, Coppa Italia e Champions League a cui aggiungere il Mondiale per club in estate, il 2025 potrebbe essere uno degli anni più positivi per il club, soprattutto dopo il passaggio di testimone tra Zhang e Oaktree. Presente alla quinta edizione del Merger & Acquisition Summit organizzato da Il Sole 24 Ore, il presidente ha parlato della stagione e non solo, toccando anche argomenti più complicati come la burocrazia legata al progetto stadio.
"Siamo su tre competizioni, a giugno ne inizierà un’altra nuova, dove saranno presenti due squadre italiane. Ci siamo: il primo appuntamento è domani, in semifinale di Coppa Italia con il Milan. In campionato abbiamo tre punti di vantaggio, che non è nulla, ma ci siamo. In Champions siamo ai quarti di finale e giochiamo col Bayern. Siamo andati avanti nel nostro percorso virtuoso e vincente, siamo posizionati molto bene ed è motivo di orgoglio. Cercheremo di affrontare tutto nel migliore dei modi, ma un primo obiettivo l’abbiamo già raggiunto perché la partecipazione a questi livelli ci garantisce tranquillità" ha detto Marotta.
E facendo i conti in tasca ai nerazzurri, il presidente si è mostrato col dente avvelenato: "Allo stesso tempo, dico che finora in Champions abbiamo fatto 10 partite e guadagnato circa 100 milioni: se vincessimo lo scudetto, ne guadagneremmo circa 95, giocando 38 partite. Va trovato un riequilibrio, ma con armonia e senza contrapposizioni violente come qualche anno fa. Oggi il gap è anzitutto legato ai diritti TV e la Lega si sta adoperando, la seconda differenza nasce sui ricavi da stadio nel matchday. Noi come Inter siamo stati i primi come affluenza e come ricavi da stadio e abbiamo raggiunto circa 80 milioni. Le squadre competitor europee ci distanziano di 60-70 milioni. Ecco l'esigenza dello stadio, creando un asset che diventa patrimonio".
Proprio sullo stadio, con Inter e Milan che hanno presentato al Comune di Milano il progetto per il nuovo San Siro, Marotta si è detto scettico: "Negli ultimi 10 anni 153 stadi in Europa di cui tre in Italia. L’iter burocratico è complicato nel nostro Paese. Il giorno dopo che abbiamo depositato la proposta d’acquisto, c’è stato un esposto alla Procura che si è giustamente mossa. Ci troviamo davanti a diverse situazioni che sono lontane dall’investimento vero e proprio. Inter e Milan sono disponibili a investire in maniera pesante nonostante l’Italia sia l’unico Paese in cui non c’è un aiuto da parte dello Stato. Sono scettico più che altro sull’iter, ci sono tempi da rispettare perché gli investitori possono aspettare ma non più di tanto”.
E la polemica continua: "Ho visto una evoluzione dal punto di vista calcistico ma anche dal punto di vista delle proprietà. Oggi fortunatamente sono arrivate le proprietà straniere: immaginiamo se non ci fossero state Zhang e Oaktree e il fondo Elliott a Milano, saremmo stati in grandissime difficoltà. Le proprietà americane sono otto, quelle straniere sono undici, mentre nel 2011 erano tutte italiane. Evidentemente abbiamo risentito di una situazione di involuzione nel mondo imprenditoriale italiano. Prima c’era un modello di mecenatismo, come Giovanni Borghi a Varese tra basket e calcio. Qual è la differenza? Allora non c’erano cfo e ceo, allora c’era il ragioniere. A fine stagione il commendatore andava dal ragioniere, ‘quanto abbiamo perso?’ e ripianavano , dando più importanza al risultato sportivo che all’aspetto bilancistico. Meno male che oggi siamo in una situazione diversa, anche per una questione etica. Nel calcio oggi girano tanti soldi, i calciatori guadagnano tanto e dovrebbero darsi una ridimensionata".
Ma se l'Inter oggi si trova dov'è è merito del passato, leggasi Zhang, ma anche del presente solido chiamato Oaktree: "Oggi c’è un fondo di investimento che non viene in Italia per dispensare soldi ma fa della sostenibilità l’obiettivo principale. Ho una relazione con un fondo che, devo fargli i complimenti, è arrivato in punta di piedi, garantendo sostenibilità immediatamente ma è presente in maniera silenziosa che fa lavorare bene il management. Hanno confermato tutta l’area sportiva, con un approccio di intelligenza. Ci relazioniamo quotidianamente con una loro presenza continua nel confronto sull’aspetto gestionale, finanziario e amministrativo. Oggi inoltre siamo davanti a due società che stanno seguendo un percorso importante come la creazione di uno stadio. Oaktree ha puntato sulle deleghe anche se ribadisco, il rapporto è quotidiano soprattutto quando ci asono decisioni importanti da prendere. Delegare significa anche dare responsabilità, quindi bisogna avere il coraggio di prenderle. Io ho sempre avuto dalla mia il coraggio di fare, che mi è stato dato da un percorso vincente che mi ha trasmesso una sicurezza interiore. In ogni società in cui sono stato ho avuto la delega per decidere ed è un presupposto fondamentale. Non potrei mai lavorare in un club che non mi dà delle deleghe".